Raccontare l’archeologia con la computer grafica: quanto conta la creatività

12 Dicembre 2015
Quali aspetti deve prendere in considerazione un archeologo per realizzare un corto con la computer grafica. Proviamo ad avventurarci.
Capire l’importanza della creatività nella comunicazione archeologica è stato per me un vero e proprio viaggio. Un lungo e faticoso cammino che mi ha portato da comode terre, ben note e accoglienti, verso lande più impervie e selvagge. Un viaggio che ha cambiato il mio modo di vedere la comunicazione archeologica, e di farla.
Oggi, se mi vorrete seguire, questo viaggio vorrei rifarlo con voi.
creatività, computer grafica

Cosa vuol dire avventurarsi nella terra della creatività?

È passato ormai quasi un anno da quando, quasi per gioco, intraprendevo la realizzazione di quello che è stato il mio primo cortometraggio di computer animation. Il giorno in cui l’ho pubblicato, dopo la première a Roma nel corso della presentazione di Archeostorie, mi ero ripromesso che se Closing Time avesse raggiunto le 1000 visualizzazioni, avrei intrapreso la realizzazione di un making of.
Ed eccoci qui. Non per spiegare come si fa (ci sono ottimi manuali per questo), ma per condividere le idee, i problemi e le soluzioni emerse nei lunghi mesi di lavorazione. Sì, avete capito bene. Mesi. La prima cosa da dire è proprio questa. Sarà perché ero solo e ho dovuto studiare e imparare moltissimo, sarà perché ho anche un lavoro e una famiglia e ho quindi potuto utilizzare i ritagli di tempo, certo è che mi sono reso conto di come realizzare un corto di animazione sia un’impresa che richiede tanto tempo, tanta pazienza, tanta applicazione. Davvero un viaggio faticoso.Guardiamoci il video insieme e poi ne riparliamo. E se non avete ancora visto Closing Time, questo è il momento giusto!

Computer grafica: cosa c’entra con l’archeologia?

Piaciuto? Sì, no? La domanda comunque mi sembra di sentirla, inutile nasconderlo: a parte il fatto che il corto è stato realizzato da un archeologo, che i protagonisti sono reperti archeologici, e che l’ambientazione è quella di un museo, il dubbio resta: che c’entra con l’archeologia?
Prendetela come una provocazione: per far vedere che la computer graphic può essere usata anche per suscitare emozioni e creare coinvolgimento e non solo per creare ambienti virtuali fotorealistici e superinterattivi. E per mostrare che forse questa sua capacità dovrebbe esser tenuta in maggior conto dagli archeologi o da chi realizza questo tipo di prodotti per la divulgazione archeologica e dei beni culturali in generale.
Ma forse è troppo chiedere ad un corto animato di voler dire tutto questo. Allora, più semplicemente, considerate Closing Time un esempio di come con l’archeologia ci si può divertire e soprattutto far divertire (non sono forse divertenti i più grandi capolavori del cinema di animazione?). E non è poco, nella costruzione di una dimensione pubblica della nostra disciplina.Torniamo al nostro viaggio adesso. Ho anche ritrovato la mappa di cui vi ho mostrato un piccolo frammento nel post precedente. Apriamola allora, e cerchiamo di orientarci in questa terra ignota. Se volete avere un riassunto di quello che vi aspetta, potete sin d’ora leggervi il mio post per il Day of Archaeology 2015.

Computer grafica

Quello attraverso la computer grafica è un viaggio lungo, tortuoso, ma appagante,

 

​​La prima cosa che notiamo è che la Terra della Creatività è un’isola. Ovvio quindi che per arrivarci si debba attraversare un mare: nel nostro caso un mare molto vasto e tutto sommato tranquillo. È il Mare della Conoscenza. Molti di noi ci navigano da anni, sono diventati esperti di tutte le sue correnti e conoscono a menadito tutti i suoi pericoli, i suoi segreti e soprattutto le sue storie.
La seconda cosa che notiamo è che la strada che ci aspetta è un percorso obbligato. Se davvero vogliamo raggiungere il Rifugio del Risultato Finale non abbiamo molta scelta: vedete a sinistra quella ampia vallata racchiusa fra le montagne della Distrazione e le colline della Confusione? Bene, quella è la Valle della Preproduzione. Una valle solo apparentemente dolce, in cui però è facile perdersi o semplicemente attardarsi, incantati dalla bellezza e dalla maestosità del paesaggio. E’ l’effetto che fa a tutti, specialmente davanti all’incomparabile panorama sulla maestosa Catena della Perdita di Tempo. Ma l’ostacolo più insidioso della prima parte del percorso è proprio alla fine di questa valle, dove si estendono le Paludi dei Primi Risultati. Attardarsi compiaciuti in questo luogo potrà essere una rovina!
L’unica cosa da fare è non fermarsi troppo e proseguire in salita lungo quell’erto sentiero che si perde su fra vette inaccessibili. Non è un percorso agevole quello che conduce al Passo della Produzione, meglio saperlo fin d’ora, non troveremo scorciatoie, né tantomeno tratti pianeggianti. Ma, per quanto stretto e impervio, è l’unico passaggio per farci superare il possente massiccio della Dura Realtà. Ognuno scelga il suo passo, ci vediamo in cima! Giunti qui, se penseremo alla fatica appena terminata, il dolce panorama dei maestosi altipiani del Pianoro della Postproduzione e la leggera salita che ci si prospetta sembreranno uno scherzo. Dovremo però continuare a prestare la massima attenzione ai tratti scivolosi sempre in agguato e soprattutto a quelle che appaiono come comode scorciatoie ma sono messe lì con l’unico scopo di condurci fuori strada. Continuando dritti senza distrarci e con un ultimo difficile strappo giungeremo finalmente al Belvedere del Risultato.
Una volta giunti qui lo spettacolo che ci offrirà sarà unico: solo a chi avrà percorso tutto il sentiero spetta infatti il privilegio di poter ammirare il panorama della Terra della Creatività nella sua interezza.

Autore

  • Giuliano De Felice

    Archeologo, certo. A essere precisi, ricercatore universitario. Che dopo essersi sentito domandare per la millesima volta “Bello, che cosa hai scoperto oggi?”, inizia a capire alcune cose: per esempio che l’archeologia, quella vera, archeologi a parte, non la conosce nessuno; ma anche che irritarsi non vale, perché quella domanda rivela un vero desiderio di conoscenza. E allora l’archeologia prova a raccontarla: usando parole ma anche immagini, video, suoni e animazioni. Quello che oggi chiamiamo multimediale, ma che in fondo è da sempre semplicemente fantasia.

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