Ötzi e il mistero del tempo. L’uomo del Similaun sul grande schermo

6 Novembre 2018
Il prossimo 8 novembre uscirà nelle sale italiane il film Ötzi e il mistero del tempo. La nostra impressione, dopo averlo visto in anteprima

Un fantasy confuso, ma con qualche riferimento archeologico preciso e puntuale. Si potrebbe riassumere così Ötzi e il mistero del tempo, il film per ragazzi in uscita nelle sale italiane il prossimo 8 novembre dedicato alla mummia di oltre 5.000 anni fa trovata tra i ghiacci del Similaun nel 1991. Incuriositi, abbiamo visto la pellicola in anteprima a Milano e ci ha lasciato qualche perplessità.

La storia ha come protagonista Kip, un ragazzino di 10 anni che non pare nemmeno dei nostri tempi: non usa videogiochi ma ama stare all’aperto, e va a caccia di tesori coi suoi amici del cuore Anna e Elmer. Vive a Bolzano e ha una passione per il Museo archeologico della città dove sua madre, antropologa e studiosa di sciamanesimo, sta svolgendo una ricerca su Ötzi.

Quando la donna muore a causa di un incidente, il padre decide di trasferirsi. Kip però non può lasciare Bolzano senza aver trascorso un’ultima avventura con gli amici e senza aver salutato la mummia di Ötzi. Quando i tre vanno in gita al museo, lui si rianima riportando in vita anche i suoi antichi poteri sciamanici, e destando l’interesse di una strega che ne trafuga il corpo. Segue la missione di salvataggio dei tre ragazzini che fanno conoscere a Ötzi il XXI secolo e lo aiutano a tornare ‘a casa’.

La storia di Ötzi vs la trama del film

Le scene più interessanti sono sicuramente quelle girate a Bolzano, al Museo Archeologico dell’Alto Adige, quasi interamente dedicato a Ötzi e al suo corredo. Le informazioni su di lui sono accurate: dai tatuaggi, alla causa di morte, agli oggetti che aveva con sé al momento della morte, tutto è narrato nel migliore dei modi. Belle anche le riprese all’interno del museo che mostrano le ricostruzioni,gli oggetti come l’ascia di rame e l’arco, e la stessa mummia collocata nell’apposita camera a temperatura controllata.

La trama del film, invece, è un po’ confusa e a tratti il racconto sembra un po’ semplicistico: integrare il genere fantasy coi dati archeologici in una storia credibile non è facile. Fino a metà film, non si capiscono né le vere intenzioni della strega, né come abbia fatto ad acquisire i poteri che ha. Non è chiaro come si rianimi la mummia, né come alla fine torni al museo. I cattivi sono più che altro macchiette senza spessore. La grandissima libertà di cui godono i tre ragazzini di 10 anni è inverosimile.

Anche se è funzionale alla storia, il fatto che esista una caverna sconosciuta agli archeologi proprio sul luogo del ritrovamento della mummia, non solo è semplicemente impossibile ma contrasta con la precisione con cui è raccontata la storia dell’uomo di ghiaccio. E infine, proprio il personaggio di Ötzi è caratterizzato come un uomo simpatico un po’ imbranato che cerca di aggiornarsi sugli ultimi 5.000 anni scimmiottando gli youtuber visti sul computer di Kip.

Questi e altri dettagli evidentemente non hanno disturbato i ragazzi della giuria dell’ultimo Giffoni Film Festival, che hanno assegnato alla pellicola un premio nella sezione Elements +6.

La pellicola ha un cast internazionale: accanto agli attori italiani Diego Delpiano (il giovane protagonista), Vinicio Marchioni (suo padre Carl) e Alessandra Mastronardi (la strega) hanno recitato anche gli irlandesi Michael Smiley (Ötzi) e Deirdre Mullins (nel ruolo della madre di Kip) e gli inglesi Amelia Bradley e Judah Cousin (rispettivamente Anna e Elmer, gli amici di Kip).

Il film è diretto da Gabriele Pignotta ed è prodotto da One more pictures in collaborazione con Rai Cinema.  È stato realizzato con il sostegno della Idm film fund & commission dell’Alto Adige e della Regione Lazio e riconosciuto di interesse culturale con il contributo economico del Mibac.

Un’ultima riflessione su Ötzi e il mistero del tempo

Dalla visione del film, sorge spontanea una riflessione: per attualizzare un personaggio come Ötzi, farlo conoscere e amare dai più giovani, era proprio necessario inventare una storia fantasy? Era necessario tirare in ballo poteri mistici e caverne nascoste? E trattarlo come una macchietta che copia le mosse degli youtuber?

Gli elementi di cui disponiamo non sarebbero bastati da soli a raccontare la sua storia, seppur un po’ romanzata? Ricordiamo che l’uomo del Similaun è stato ucciso da una freccia in circostanze poco chiare. Non era materiale sufficiente per un racconto, come quello narrato dalla nostra Giorgia Cappelletti?

A voi l’ardua sentenza.

 

Autore

  • Chiara Boracchi

    Archeo-giornalista e ambientalista convinta, vede il recupero della memoria e la tutela del paesaggio e del territorio come due facce complementari di una stessa medaglia. Scrive per raccontare quello che ama e in cui crede. Per Archeostorie, coordina la sezione Archeologia & Ambiente ed è responsabile degli audio progetti. Nel tempo libero (esiste?) scatta foto, legge e pratica Aikido.

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