Il poeta chiede ispirazione alla Musa. Dice “cantami o Dea” e la ‘dea’ Calliope, musa della poesia epica, accetta. Ma questa volta lo fa a modo suo. Innanzitutto si presenta col proprio nome che Omero non ha nominato mai, e vuole che ‘il poeta’ (è lei, ora, a ignorare il suo nome) narri le gesta delle donne. Vuole mostrare che la guerra di Troia, l’evento fondante della nostra cultura, non si giocò solo tra uno sparuto gruppo di uomini ma c’erano anche donne. E queste non furono meno forti, coraggiose, astute e persino subdole e vendicative degli uomini. Il canto di Calliope di Natalie Haynes è un vero racconto epico che intreccia le storie di tante donne.
Qual è il gesto più eroico?
Perché le donne sono ovunque nella vicenda. La guerra stessa è stata scatenata da una donna, Elena, e prima ancora dalle tre dee sottoposte al giudizio di bellezza di Paride. E al termine della guerra, vediamo Clitennestra colpire il marito al ritorno a casa, o Ecuba accecare il traditore Polimestore e persino uccidere i suoi figli, con gesta non meno violente ed efferate di quelle che si videro sul campo di battaglia. Ma la guerra la vivono anche bambini e bambine che crescono nella paura, e donne che vengono stuprate, uccise, ridotte in schiavitù: la guerra, insomma, si vive in molti modi diversi, e sono tutti dolorosi.
Persino chi rimane a casa, combatte. Enone, per esempio, la sposa di Paride che lui abbandona per tornare a Troia e andare poi a Sparta da Elena. “E’ forse meno eroica di Menelao?” afferma Calliope/Haynes. “Lui perde la moglie e muove un esercito perché gliela restituiscano, al prezzo di innumerevoli vite e lasciando dietro di sé vedove, orfani e schiave. Enone perde il marito e cresce il loro figlio. Quale di questi è il gesto più eroico?”
Le molte conseguenze di una guerra
Haynes parla di Troia ma ci invita a riflettere su tutte le guerre del mondo. Tutte combattute da chiunque ne sia coinvolto. E ci fa capire che chi ne subisce le conseguenze può soffrire anche molto più di chi sta sul campo di battaglia: “Quando finisce una guerra, gli uomini perdono la vita. Le donne perdono tutto il resto”. Sempre. Ed è così da sempre.
La stessa guerra di Troia è stata narrata, in origine, in tutte le sue sfaccettature. A noi è giunta principalmente una storia, quella che si è scelto (gli uomini hanno scelto) di tramandare, ma se ne trovano molte altre tra i frammenti e i testi minori, ai margini e tra le ombre della grande storia. È questo il compito che si è assunta Haynes, la sua missione: una ricerca accurata nella letteratura ‘minore’ per scovare quel che per troppo tempo abbiamo trascurato. Il suo racconto lascia poco spazio all’immaginazione, è pressoché tutto documentato. Ma bisognava farlo emergere in piena luce.
Il canto di Calliope una narrazione ribaltata
Come sempre, però, è il modo di raccontare che fa la differenza. Haynes si lascia leggere con la stessa passione di Omero. Le sue storie di donne sono tutte narrate con ritmo e vivacità, e studiati tocchi di ironia. Sono tutte intrecciate tra loro e conta l’intreccio, il rimando dall’una all’altra, la concatenazione dei fatti, la coralità. Filo conduttore sono le donne troiane, le donne dei vinti, mentre in Omero erano gli uomini achei. Il racconto, insomma, è totalmente ribaltato. Ma non è lineare. O meglio: ha una linearità tutta sua e ogni capitolo è una sorpresa, anche per chi conosce bene i fatti.
Haynes dice che, più di tutte, si è divertita a scrivere di Penelope. Forse perché, come ha confessato ad Archeostorie, adora Ovidio e il suo modo di rileggere i miti greci ‘a uso dei romani’, e ha fatto sì che la sua Penelope scrivesse lettere al suo sposo proprio come il personaggio delle Eroidi di Ovidio. Ma questa Penelope non è affatto remissiva come in Ovidio, bensì furba e sagace. Persino più di Odisseo. E mostra di conoscerlo come nessun altro, rivolgendosi a lui con sicuro sarcasmo. Possiamo immaginare il divertimento di Haynes, anche se forse Penelope è il personaggio più scontato e quello che s’inserisce meno nell’ingranaggio epico. Le sue lettere paiono quasi delle pause, dei sipari in cui ci si diverte (sì anche noi lettori) a cogliere la sua visione, sovente umoristica, delle avventure di Odisseo. E per un po’ si scordano gli orrori della guerra.
La guerra svilisce
E la sua miseria. È proprio la miseria della guerra a prevalere nel racconto. Haynes insiste nel descrivere i guerrieri oramai feriti e pieni di acciacchi, smunti e con le vesti logore, e il morale a pezzi. Pusillanimi. Due gruppi sparuti che non spaventerebbero nessuno. Sarebbero questi gli eroi valorosi di cui si tessono le lodi? insinua a ogni pagina. Sì sono loro, ma la guerra devasta tutto e tutti. E svilisce gli animi. Riduce tutti a comparse. “Da ogni guerra, i vincitori possono uscire distrutti tanto quanto i vinti. Hanno ancora la vita, ma hanno rinunciato a tutto il resto per conservarla”. Nel racconto di Haynes i guerrieri sono mere comparse. E a confronto le donne che, nonostante le sofferenze della guerra, dimostrano di avere conservato dignità e coraggio, si ergono immense.
Natalie Haynes
Il canto di Calliope
traduzione di Monica Capuani
Sonzogno, pagine 320, euro 18
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