Dalle Metamorfosi, l’esortazione a guardare alto nel cielo

3 Giugno 2020
Dalla metamorfosi improvvisa di questi tempi dobbiamo uscire ancora più umani. Come? Ce lo dice Ovidio: guardando in alto e sognando in grande

Metamorfosi è una parola che oggi ci tocca tutti, e da vicino. Arriviamo da mesi di metamorfosi radicale e inaspettata, che ha rivoluzionato le nostre certezze: la nostra vita di tutti i giorni, il nostro modo di lavorare e di studiare, le relazioni con le persone che amiamo. È una trasformazione che ha provocato ferite profonde di cui prendersi cura, e che ci lascia disorientati.

Metamorfosi perenni

Metamorfosi: secondo il Vocabolario Treccani, la parola definisce la “trasformazione di un essere o di un oggetto in un altro di natura diversa”. È dunque un mutamento di forma o di sostanza, come un cambiamento evidente del carattere, di idee o del modo di vestire. In biologia, indica la modificazione funzionale o strutturale di un animale durante lo sviluppo: la meraviglia di un bruco che diventa farfalla, per esempio, ma anche la fatica di cambiare, rinchiuso nel buio del bozzolo, e lo spaesamento di trovarsi poi fuori, completamente diverso con un paio d’ali. Suona familiare per noi, donne e uomini in continuo divenire.

Chissà quante volte abbiamo oltrepassato quella linea invisibile che separa un prima e un dopo: noi prima della trasformazione, e noi che ne usciamo dopo, e che magari qualcuno farà fatica a riconoscere. “Sei tu? Come sei cambiat@!” è il ritornello che ci accompagna dopo ogni metamorfosi dovuta agli anni o alle nostre scelte, spesso pronunciato con quel tono incerto per cui – par di capire – forse eravamo meglio prima.

Le Metamorfosi di Ovidio

Metamorfosi è anche il titolo di un’opera del poeta latino Ovidio. Non proprio un tascabile, visto che è lunga ben quindici libri. Racconta storie in cui avvengono trasformazioni: parte dalle origini del mondo, il primo grande mutamento, e arriva fino ai giorni in cui scrive il poeta, che era contemporaneo dell’imperatore Augusto.

Alcuni dei racconti di Ovidio sono diventati famosissimi e hanno ispirato altri artisti nel corso dei secoli. Un esempio? Il corteggiamento di Dafne da parte di Apollo: una love story finita male. Il dio Apollo si innamora della bellissima Dafne, prova a parlarle, ma lei non ne vuole sapere: scappa e, pur di non farsi prendere dal dio innamorato, si fa trasformare nella pianta dell’alloro. Per sempre. Game over per Apollo, che quindi sceglie proprio l’alloro come sua pianta sacra.

Un’istantanea di questa vicenda viene scolpita nel marmo da Gian Lorenzo Bernini, nella prima metà del Seicento: il suo capolavoro, custodito alla Galleria Borghese di Roma, raffigura il momento esatto della metamorfosi in alloro della ragazza, ormai raggiunta da Apollo.

metamorfosi  Apollo e Dafne
Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne. Roma, Galleria Borghese. via Wikimedia Commons

Un abruzzese in Romania: metamorfosi di una vita

Anche la vita di Ovidio ha dovuto subire una metamorfosi imprevista, come i protagonisti delle sue storie e come noi oggi. Abruzzese emigrato a Roma, nella città eterna ha fatto fortuna: non la carriera in politica che per lui volevano i suoi genitori, ma è diventato uno scrittore di successo, un intellettuale brillante che ha fatto parlare di sé grazie ai suoi ‘best seller’ e alle sue frequentazioni altolocate.

A cinquant’anni, però, scocca per lui il fulmine a ciel sereno: Augusto gli impone l’esilio. A cinquant’anni è costretto a dire addio alla moglie, agli amici, alle persone care di tutta una vita; si lascia alle spalle tutto ciò che ama e parte, da solo. Destinazione Tomi, uno sperduto paese della Romania lontano da tutto e da tutti, tra persone che nemmeno parlano la sua lingua.

Gli rimangono solo le sue parole, mentre il pensiero corre alla moglie e agli amici di Roma. Ovidio non farà mai più ritorno. Le sue parole, però, hanno continuato a risuonare nel corso dei secoli.

Un regalo dal passato

Allora gustiamo insieme queste parole che il tempo ci ha regalato, come un buon bicchiere di vino invecchiato. All’inizio del primo libro delle Metamorfosi – dove si narra la creazione del mondo, degli esseri viventi e del genere umano – Ovidio dice che l’umanità ha ricevuto un regalo speciale:

Mentre gli altri animali guardano proni alla terra, l’uomo ebbe in dono un viso rivolto verso l’alto e il suo sguardo mira al cielo e si leva verso le stelle

(traduzione di Giovanna Faranda Villa, BUR Rizzoli, Milano 2007 – prima edizione 1994).

Ecco il regalo di Ovidio per noi, donne e uomini di oggi: ricordarci che siamo capaci di alzare la testa, di guardare in alto, verso il cielo, di sognare in grande.

Ci consegna la differenza, la peculiarità che ci rende diversi dagli altri esseri viventi: siamo animali verticali, fatti per le altezze della vita e del pensiero. La capacità di guardare in alto è la nostra specialità, quello che ci rende pienamente umani, donne e uomini veri.

Soltanto così potremo metterci in cammino alla luce delle stelle, e non rimanere fermi a fissare per terra le punte dei nostri piedi.

A noi la scelta di quale orizzonte guardare, mentre proviamo a ripartire. Ovidio non ha dubbi: grazie alla luce delle nostre stelle ci sapremo orientare, anche in questi giorni ‘metamorfici’.

Autore

  • Giulia Corengia

    Archeologa e cacciatrice di storie. Laureata in Lettere classiche e Archeologia all’Università degli Studi di Milano, un corso di alta formazione in editoria d’arte presso il museo Maxxi di Roma, due passioni: l’antico e le parole. Si occupa di scrittura ed editing, con particolare interesse per la divulgazione culturale. Ama immergersi nella bellezza del passato per respirare a pieni polmoni il presente.

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