Taranto, città che non ci crede. Non ancora

17 Febbraio 2022
Taranto ha un rapporto complesso con la propria storia. Un misto di orgoglio e occultamento. Ma c’è anche molto fermento in città. Nostro reportage

Taranto, ufficio di informazioni turistiche. “Buongiorno avete una mappa della città?”. “Abbiamo solo questa”. È un foglio fotocopiato con mappa sbiadita della sola città vecchia. “Io intendevo una mappa di tutta la città”. “Ah quella no, non l’abbiamo proprio”. E non solo da consegnare ai turisti, ma neppure per loro! Come fanno a dare indicazioni precise? Giuro che non lo so.

Il mio ‘battesimo’ a Taranto è stato questo, in una giornata fredda e ventosa di un limpido assoluto. “La luce di Taranto”, si dice. È vero. Ti seduce, tra mari e cielo. Forte, vibrante, totale. Ti dà energia e forza, e ti senti viva come non mai.

Taranto posto ideale in cui vivere

La ‘location’ della città, poi, è unica. Spettacolare tra penisole e isole, mare di qua e mare di là. È anche “un posto ideale in cui vivere” come hanno capito in molti dal neolitico in poi. Non ultimi gli spartani che l’hanno scelta come loro unica colonia. Una, ma quella giusta. Hanno fatto centro.

Perché dunque un posto così unico non è valorizzato? Perché l’ufficio informazioni non è in grado di dare ai visitatori neppure l’informazione più banale? La scusa della città costruita sull’industria, vale oramai fino a un certo punto. Però è un retaggio duro a morire. E c’è chi lo considera persino un’attrattiva turistica: il proverbiale cielo rosso di Taranto, rosso dei fumi dell’acciaieria più grande d’Europa.

Un’acciaieria e una raffineria che ‘sono’ di fatto la città: costruite, per comodità loro, a ridosso della ferrovia e del porto, che è porto quasi ‘privato’. È stata a tutti gli effetti una privatizzazione della città. Ma nell’Ottocento l’Arsenale militare non ha fatto più o meno lo stesso? Si è piazzato nello stesso luogo del porto antico, e ha persino scavato il canale e costruito il ponte girevole per far giungere le sue navi fino a là. Ha anche provocato la prima crescita moderna della città e, costruendo la città nuova, ha portato alla luce resti di quella antica.

E in fondo, a pensarci bene, anche la Taranto antica è stata una grande città industriale che esportava beni nel Mediterraneo intero. Olio, vino, pesce, tessuti, ceramiche artistiche e non. Di tutto. Insomma se stai in un posto simile, devi mettere in conto di essere nell’occhio del ciclone. Non che ciò giustifichi l’acciaieria, ingiustificabile per definizione. Ma non dovrebbe impedire di guardare avanti.

Grande fermento in città

Anche perché negli ultimi tempi si è fatto molto in città. La città vecchia – che corrisponde all’acropoli della città antica – sta tornando a popolarsi di locali, ristoranti, b&b, esercizi commerciali. Associazioni culturali cittadine ne curano la pulizia, organizzano visite guidate e iniziative varie, sensibilizzano gli abitanti alla cura. L’università comincia a popolare conventi e palazzi. Cantieri di restauro sono in corso, e altri sono pronti a partire. Non è gentrificazione e può essere l’inizio di una rinascita, se gestito bene. Almeno così pare.

La città moderna, invece, costruita sopra la città e le necropoli antiche, non si può proprio dire bella con quell’ansia palpabile da urbanizzazione pervasiva che non lascia spazio alcuno. È però piacevole almeno nella sua rete di vie e piazze principali, e nel passeggio sul lungomare dai tramonti infuocati. Pare poi che stia vivendo un grande fermento culturale: teatro, musica, incontri, iniziative per tutti. “Taranto è una città attiva, si vive proprio bene qui – racconta la direttrice del Museo archeologico nazionale (MArTA) Eva Degl’Innocenti, fiorentina – Mi dispiacerà molto doverla abbandonare”.

C’è insomma molta gente in città con tanta voglia di fare. Pare però che le buone iniziative si disperdano, in assenza di un aggregatore capace di trasformarle in massa critica. E che continui a prevalere la lamentela sulla proverbiale trascuratezza dei tarantini.

Taranto Mar Piccolo

Taranto, Santuario sul Mar Piccolo – foto Teodoro Teodoracopulos

Il passato che non emerge

Della città vecchia, c’è persino chi ha pronunciato l’orazione funebre, e sono ancora molti a credere che sia irrecuperabile. E in città nuova le tracce del passato paiono nascondersi, anziché mettersi in evidenza. Ne sono state distrutte molte con le nuove urbanizzazioni, ma quel che ancora c’è, perché non si mostra ai più? É netta l’impressione che a Taranto la gente non abbia chiara la percezione di calcare la stessa terra di iapigi, greci, romani, bizantini e oltre. Che manchi del giusto orgoglio di abitare dove un tempo vivevano gli antichi, e sentirsi eredi di un passato importante.

Le visite ai siti archeologici in città sono affidate dalla Soprintendenza alla cooperativa Ethra. Con il nome di Taranto sotterranea, Ethra offre visite tutti i fine settimana e sono sempre affollate. “Ma di otto siti che dovremmo gestire, dopo le chiusure per Covid ne sono stati riaperti solo tre – dice Riccardo Chiaradia di Ethra – E i due siti che stanno in città vecchia, cioè l’area tardoantica sotto palazzo Delli Ponti e largo San Martino con testimonianze di ogni epoca dalla preistoria a oggi, non ci sono mai stati consegnati”.

Si vedono poi in più punti le antiche mura della città, ma solo nelle aree non recintate. Il parco di Collepasso, per esempio, ora è chiuso. Insomma pare che si faccia veramente di tutto per celare il passato. Persino in città vecchia, dove Pino Loconte dell’Associazione del Pittaggio del Baglio mi mostra luoghi dove il cemento è giunto sino a ridosso delle mura, occultandole; o ipogei con testimonianze di ogni epoca dove l’associazione stessa, per sua privata iniziativa, ha coinvolto ricercatori per farne studi e rilievi; o interi isolati giunti a tal livello di degrado, da essere stati murati. Eppure in città vecchia si può leggere tutta intera la storia della città. Tra sopra e sotto terra, è una continua stratigrafia parlante.

Mare o storia?

Non si è ancora capito che bisogna puntare sulla storia”, osserva Loconte. “Si continua a usare il mare come immagine promozionale della città, ma è immagine debole. Perché invece non usare Sparta che è immagine nota in tutto il mondo e potente? Perché non sfruttare la nostra storia così unica?”

Già, perché? Servirebbe sicuramente a destagionalizzare il turismo. E magari a offrire finalmente al mondo un’immagine di Sparta più veritiera e depurata da pericolosi estremismi, pur sfruttando il suo mito. Tra l’altro, anche la Sparta moderna è sbocciata dal nulla nell’Ottocento, sullo stesso terreno della città antica. Qualche decennio prima di Taranto, ma esattamente come Taranto. Perché non cominciare proprio gemellando Taranto con Sparta? Dal 1964 Taranto è gemellata con Brest, sede della base navale militare francese. Quando si passerà davvero dal mare alla storia?

Autore

  • Cinzia Dal Maso

    ​Tre passioni: il mondo antico, la scrittura, i viaggi. La curiosità e l’attrazione per ciò che è diverso perché lontano nello spazio, nel tempo o nel pensiero. La voglia di condividere con tanti le belle scoperte quotidiane. Condividerle attraverso la scrittura. Un solo mestiere possibile: la giornalista che racconta il passato del mondo. Scrive su temi di archeologia, comunicazione dei beni culturali, uso contemporaneo del passato, turismo culturale per i quotidiani La Repubblica e Il Sole 24 ore, e per diverse riviste italiane e straniere. Dirige il Magazine e il Journal di Archeostorie.

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