Un tumulo etrusco a Taranto

18 Gennaio 2022
Ricostruito all’interno del Museo archeologico della città, il tumulo etrusco di Poggio Pelliccia a Vetulonia è un’autentica meraviglia

Pare proprio di essere in Etruria con quel cielo terso, quel corridoio di pietre (il dromos) che ti inoltra fin nel cuore del tumulo, le radici che impediscono il passaggio, e la porta d’ingresso di pesantissima pietra. Poi, dentro, alla luce fioca di torce immaginarie, la camera sepolcrale alta e quadrata, le pietre che si aggiustano a formare un tondo e si chiudono fino alla cima, e i due letti per i defunti ai lati.

Ci sono anche i defunti stessi, o per meglio dire ci sono le loro sagome, circondati dagli oggetti autentici portati con sé nell’aldilà: gioielli, qualche vaso greco, qualche bucchero, statuette. Però non siamo in Etruria: siamo al MArTA, il Museo archeologico nazionale di Taranto. E ci troviamo all’interno di una ricostruzione del Tumulo di Poggio Pelliccia che sta nel territorio di Vetulonia. Pare vero ma è un’opera d’arte. Di cartapesta.

Un tumulo etrusco per viaggiare nel tempo

Perché la cartapesta è molto più che tradizione e carnevale, carri allegorici e maschere. È vera arte e produce miracoli. Come il tumulo dove ci troviamo, opera dell’artista Nicola Genco di Putignano. Un’opera unica, mai tentata prima. E riuscita! Ti fa percepire, netto, l’ingresso in un altro mondo, il passaggio dalla vita alla morte, o forse a una vita diversa dove la staticità dei corpi è compensata dalla volatilità delle anime.

Quegli oggetti posati sui corpi come in antico, paiono proprio accompagnare una persona reale. E raccontano la devozione dei parenti, la scelta degli oggetti per i loro cari defunti, magari le discussioni e le liti tra loro, ma poi anche il tornare assieme periodicamente nella tomba. Uniti. Tutto, in questo capolavoro di cartapesta, è palpabile e reale.

È la ragione del suo successo: fa toccare con mano il passato, fa sentire il contatto con la vita vera di allora. Racconta facendo spettacolo, e anche promuovendo una tradizione pugliese importante come quella della cartapesta. Lancia così un ponte tra le due regioni e tra passato e presente. È una scommessa pienamente vinta dalla direttrice del MArTA Eva Degl’Innocenti, vista la proroga fino al 20 giungo dell’apertura del tumulo e della mostra a cui è collegato.

tumulo etrusco poggio pelliccia interno

Tumulo di Poggio Pelliccia, interno: uno dei due letti funebri – foto di Cinzia Dal Maso

Taras e Vatl

Perché il tumulo è parte di un ampio progetto, Taras e Vatl, con cui Eva Degl’Innocenti e Simona Rafanelli, direttrice del Museo civico Isidoro Falchi di Vetulonia, hanno voluto riflettere sulla ‘globalizzazione’ mediterranea nei secoli tra il VII e il V a.C., cioè i secoli dell’apogeo di Vetulonia e di utilizzo del tumulo. Con una mostra a Vetulonia l’estate scorsa, un convegno a Taranto a novembre e con la mostra tarantina, si è gettata nuova luce sugli scambi e i rapporti ad ampio raggio tra Egeo orientale, Grecia, Magna Grecia ed Etruria che hanno dato vita a un ‘gusto’ diffuso ovunque.

La mostra del MArTA, curata da Eva Degl’InnocentiLorenzo Mancini, fa notare come gli oggetti di Poggio Pelliccia e quelli delle tombe di Taranto siano giunti dai medesimi luoghi: le ceramiche da Corinto, le coppe da Rodi, i balsamari a forma di animale e poi, nel V secolo, le multiformi ceramiche attiche.

E se non c’erano gioielli nella Taranto greca dei secoli in cui i metallurghi etruschi producevano splendori, le popolazioni italiche dell’Apulia avevano ori a non finire. Un esempio per tutti, in mostra, è la parure di dama da una tomba di Ruvo di Puglia, magnificamente portata da un sontuoso busto di donna in cartapesta, anch’esso opera del maestro Nicola Genco.

In sintesi: se sei una città legata al mare, come lo furono le antiche Taranto e Vetulonia, sei destinata ad aprirti al mondo e divenire parte di una comunità grande che scambia e condivide i beni e ancor più le idee. È inevitabile, è nella natura delle cose. Ma perché tali cose accadano davvero, ci vuole sempre qualcuno che dia il la, che indichi la via. Ci vuole un visionario. Con Taras e Vatl, Degl’Innocenti e Rafanelli hanno offerto la loro visione, fatta di arti e storie antiche e moderne, a tutti noi.

Autore

  • Cinzia Dal Maso

    ​Tre passioni: il mondo antico, la scrittura, i viaggi. La curiosità e l’attrazione per ciò che è diverso perché lontano nello spazio, nel tempo o nel pensiero. La voglia di condividere con tanti le belle scoperte quotidiane. Condividerle attraverso la scrittura. Un solo mestiere possibile: la giornalista che racconta il passato del mondo. Scrive su temi di archeologia, comunicazione dei beni culturali, uso contemporaneo del passato, turismo culturale per i quotidiani La Repubblica e Il Sole 24 ore, e per diverse riviste italiane e straniere. Dirige il Magazine e il Journal di Archeostorie.

Condividi l’articolo sui social

Lascia un commento

2 Commenti

  1. Roberta

    Complimenti! Una bellissima realtà

    Rispondi
    • retro

      Concordiamo in pieno. Il MarTA è museo attivissimo e molto presente in città. Le sue iniziative fanno sempre centro

      Rispondi

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *