Disabilità e cultura: quando l’attenzione per un target diventa opportunità di business
L'attenzione per le persone con disabilità, da parte di musei o enti culturali, non è solo segno di civiltà, ma anche un'opportunità di business. Ecco le nostre riflessioni
Quando si parla di cultura e disabilità, il primo pensiero non corre subito a floridi business che cavalcano l’onda dell’innovazione digitale. Eppure, in Italia le persone con disabilità sono oltre 4 milioni, pari al 6,7% della popolazione (Censis, 2014), e solo in Europa e Stati Uniti le persone su una sedia a rotelle sono 70 milioni. Se poi si considera che una su due viaggia accompagnata, ci troviamo di fronte a un pubblico di circa 135 milioni di persone. Un pubblico che non solo ha diritto “all’accesso a luoghi di attività culturali, come teatri, musei, cinema, biblioteche e servizi turistici e, per quanto possibile, a monumenti e siti importanti per la cultura nazionale” (Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, 2009), ma che vuole accedervi fortemente.
Cultura e disabilità: solo una parte del nostro patrimonio è davvero accessibile
Il fatto che solo il 35% del nostro patrimonio sia accessibile a utenti disabili, non è però solo un segno di inciviltà. È segno anche di miopia imprenditoriale: non si comprende che chi è affetto da una forma di disabilità non è diverso da un turista qualunque a zonzo per i nostri musei, ma è solo un visitatore con bisogni specifici come possono averne le famiglie con bambini, le scuole o i gruppi organizzati dai tour operator. Se a tutti questi target è quasi sempre associata un’offerta turistica adeguata alle loro esigenze, lo stesso non avviene per i disabili.
Eppure quello dei disabili è un mercato verticale con bisogni molto specifici, numeri secondi solo al mercato cinese e una forte motivazione: tutte caratteristiche che non potevano certo passare inosservate alle startup del digitale. Se infatti le amministrazioni pubbliche sembrano avere difficoltà ad accogliere gli utenti disabili, si moltiplicano invece progetti di piattaforme online e app rivolte ai viaggiatori disabili interessati a visitare il patrimonio culturale italiano. Caratterizzate da un alto tasso di partecipazione e da un utilizzo intelligente del web, questi progetti partono dal presupposto che nessuno conosce meglio dei disabili stessi le loro necessità e le caratteristiche che un museo o un sito archeologico deve avere per essere davvero accessibile.
Cultura accessibile: esempi
Partiamo da
Bircle, una start up con lo scopo di creare e distribuire guide turistiche e itinerari accessibili in formato web e mobile. Grazie alla collaborazione tra il
disability manager e gli utenti, Bircle raccoglie un mix di informazioni oggettive ed esperienziali per valutare l’accessibilità di ciascun luogo, e rende il tutto immediatamente disponibile online. I percorsi toccano vari luoghi tra cui il Castello Sforzesco e alcune delle più belle e suggestive chiese, certose e abbazie di
Milano, e le mura venete della città di
Bergamo.
Anche
BeHandy è un progetto che si basa sulle valutazioni degli utenti. Possiede infatti una piattaforma geolocalizzata e, attraverso un’app, ingaggia una serie di “mappatori” professionisti per raccogliere informazioni sui punti di interesse turistico e la loro reale accessibilità. Anche i fruitori diventano però protagonisti, perché testano i percorsi e i luoghi e possono lasciare i propri commenti. “
Una rampa per carrozzine è un segno di civiltà, sicuramente, ma non basta per rendere un parco o un museo accessibile” commenta
Davide Maestri, responsabile comunicazione di BeHandyGO. “In Italia manca soprattutto l’idea di quali siano i veri problemi per rendere accessibile un luogo. Per questo è importante un dialogo costante tra persone con disabilità, guide turistiche e istituzioni.”
Stringbox spinge questo dialogo addirittura al di fuori dei confini nazionali. Cofanetto commerciabile che si ispira al popolare Smartbox, contiene suggerimenti e offerte turistiche accessibili divise per zona tematica e destinazione. Al momento è disponibile in Piemonte (Italia), Ávila (Spagna) e Sozopol (Bulgaria). Ognuna delle tre aree offre diversi itinerari tematici alla luce delle caratteristiche locali e attrazioni accessibili, tra cui un percorso storico-culturale.
Sono questi tre ottimi esempi di innovazione tutta italiana che, grazie alle opportunità offerte dal mondo digitale, stanno provando a dar vita a un’economia capace di coniugare l’inclusione delle fasce più deboli della popolazione e la promozione del nostro patrimonio culturale. Auguriamo loro buon lavoro.
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Da sempre grande appassionata di conversazioni casuali con sconosciuti, è determinata a dimostrare che gli archeologi sanno parlare con la gente normale. Ignorando attivamente il detto: “Non metter bocca, dove non ti tocca”, passa il suo tempo curiosando nei cervelli e nella psiche dei turisti che (non) affollano i nostri siti archeologici e musei. Il suo obiettivo è rispondere a una domanda precisa: se l’archeologia è un patrimonio di tutti, perché nessuno si sente suo orgoglioso proprietario?
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