Appia antica 39, uno scavo per e con i cittadini

19 Settembre 2023
Un’area sacra al limitare della Roma antica e ora lasciata al degrado, un’archeologa che la vuole indagare, e cittadini che combattono per il bene comune. Questo e molto altro è Appia antica 39

Non mollare mai”. Potrebbe essere questo il motto dello scavo archeologico di via Appia antica 39. Uno scavo che è il frutto della caparbietà, la tenacia e la voglia di andare in fondo di un’archeologa e di tanti cittadini assieme.

Le ricerche dell’archeologa

L’archeologa è Rachele Dubbini, docente all’Università di Ferrara dove dirige il laboratorio Eredità culturali e comunità. Un paio di lustri fa ha voluto indagare il territorio alla fine del primo miglio dell’Appia antica, cioè il breve tratto che unisce porta San Sebastiano alla chiesa del Quo Vadis, superando il fiume Almone (ricordiamo che prima della costruzione delle Mura aureliane, la via Appia partiva dalla porta sulle Mura serviane, porta Capena ai piedi del Palatino).

Si parlava da secoli dell’esistenza nell’area di un santuario di Marte Gradivo, ma nessuno ne aveva mai trovato le prove archeologiche. O le aveva trascurate, perché cercando negli archivi Dubbini ha trovato documentazione di uno scavo degli anni Settanta del secolo scorso che, a pochi metri dal Quo Vadis, aveva messo in luce le strutture di un tempio. Che sia parte dell’antico santuario? Solo uno scavo può dirlo, e qui entrano in gioco i cittadini.

Incontro pubblico Appia antica 39

Incontro pubblico sul sito dello scavo Appia antica 39 – foto laboratorio Eredità culturali e comunità

Le battaglie dei cittadini

Perché quell’area è di proprietà comunale ma è lasciata da tempo in mano agli abusivi. Si trova al limite del Parco della Caffarella che si stende lungo la valle dell’Almone tra le vie Appia e Latina, ed è stato salvato dal rischio di cementificazione da un gruppo di agguerriti cittadini riunitisi nel 1984 nel Comitato per il Parco della Caffarella. In quasi quarant’anni di battaglie, hanno realizzato un parco dove tutte le meraviglie archeologiche, geologiche, botaniche sono valorizzate al meglio. Hanno allontanato presenze abusive, disinquinato le acque, curato la manutenzione.

E sono ancora in trincea, anche a fianco di Dubbini. Ma sono in realtà molte le associazioni di cittadini che combattono per allontanare gli abusivi e ottenere la licenza di scavo. A oggi non hanno ancora ottenuto la restituzione dell’area del tempio, ma quella di un’area adiacente dove Dubbini scava dal 2022 con due campagne l’anno, in primavera e autunno, con il sostegno economico della Fondazione Patrum Lumen Sustine. Così, a poco a poco e con enormi fatiche, si sta salvando un’area importantissima di Roma dal degrado, restituendola al bene pubblico attraverso la ricerca archeologica.

Appia antica 39 uno scavo partecipato

È uno scavo aperto a tutti e non poteva essere diversamente: Dubbini crede fermamente nel valore sociale dell’archeologia. Per questo ha fatto abbattere le siepi di confine affinché chiunque dalla via possa vedere gli archeologi all’opera. E con gli architetti ha studiato una sistemazione dello scavo accogliente e adatta alle le visite. Non ci sono recinti di plastica arancione a via Appia antica 39, ma solo esili cordonate che segnano il necessario limite dell’area senza disturbare la vista.

Durante le giornate di scavo, le visite guidate si susseguono, e in alcuni giorni è anche possibile lavorare a fianco degli archeologi così da toccare con mano, letteralmente, la loro fatica e il significato delle loro attività. Inoltre nel team c’è un’antropologa che cura e studia le relazioni con i cittadini. Un giorno ha radunato sul sito tutti coloro che in passato vi abitavano e che hanno generosamente scambiato i loro ricordi con gli archeologi, complici vari bicchieri di vino. Per non dimenticare i canali social che consentono di seguire le attività di scavo anche a chi non può recarsi sul posto.

Stiamo parlando dunque di un’operazione di archeologia pubblica nel vero senso della parola, dove non c’è solo una semplice condivisione con i cittadini dei risultati della ricerca, ma dove tutti sono protagonisti della ricerca sin dai suoi albori. Il Comitato per il Parco della Caffarella ha persino sostenuto finanziariamente la pubblicazione di un volume della Dubbini ne indaga la storia (La valle della Caffarella nei secoli, Gangemi, 2017).

archeologi al lavoro Appia antica 39

Archeologhe al lavoro in via Appia antica 39 – foto laboratorio Eredità culturali e comunità

Tombe lungo la via

Ma cosa è emerso finora dallo scavo? Si è giunti ai livelli dell’età imperiale, quando sappiamo che il grande santuario di Marte aveva terminato la propria funzione. E vista la bella posizione lungo la via Appia, la via più importante di tutta la romanità, e giusto ai confini della città, possiamo immaginare che si facesse a gara per avere la propria tomba lì. Finora sono venuti alla luce tre grandi sepolcri collettivi e, più a lato, sepolture più modeste di secoli più tardi. Strutture imponenti, pavimenti a mosaico, intonaci dipinti, stucchi, oggetti di ogni tipo e di ogni epoca: comunque gli archeologi non si possono lamentare.

Tutti però attendono il proseguo dello scavo quando si raggiungeranno i livelli dell’età repubblicana, dove si conta di trovare almeno qualche prova archeologica dei molti miti antichi che aleggiano sulla paludosa valle del fiume Almone, la perfetta ‘terra di nessuno’ tra la città abitata e la campagna. Nel suo studio del 2015, Dubbini ha connesso tra loro tutte le storie della valle, dimostrandone la grande importanza per la Roma antica.

Tra Appia e Almone infinite storie

Si diceva infatti che fosse il luogo dell’incontro amoroso tra Rea Silva e il dio Marte, da cui sono nati i gemelli Romolo e Remo. Poi si dedicò a Marte il grande santuario dove i giovani romani svolgevano esercitazioni militari per prepararsi a rientrare in città da adulti. Di lì passò anche il simulacro della dea Cibele quando nel 204 a.C. fece il suo ingresso a Roma, e ogni anno al fiume si svolgevano riti in suo onore. Sul limitare del miglio, poi, c’era il santuario del dio Redicolo, il dio che proteggeva il ritorno dei romani nella loro città e sovrintendeva alla ricomparsa delle anime dei defunti. E forse non a caso proprio in quel punto Gesù apparve a Pietro e ne arrestò la fuga da Roma: pare una sorta di appropriazione cristiana di un luogo molto sacro per i pagani.

Dopo il Quo Vadis la via Appia vira a sinistra in modo del tutto inusitato per una via romana. Forse perché da lì in poi la via diventava un’altra cosa. Persino la pavimentazione cambiava. Il limitare del primo miglio era insomma un luogo troppo importante per rimanere inesplorato. Grazie a Dubbini e a tutti coloro che l’hanno incoraggiata e sostenuta, e che continuano a farlo, presto ne sapremo di più.

Autore

  • Cinzia Dal Maso

    ​Tre passioni: il mondo antico, la scrittura, i viaggi. La curiosità e l’attrazione per ciò che è diverso perché lontano nello spazio, nel tempo o nel pensiero. La voglia di condividere con tanti le belle scoperte quotidiane. Condividerle attraverso la scrittura. Un solo mestiere possibile: la giornalista che racconta il passato del mondo. Scrive su temi di archeologia, comunicazione dei beni culturali, uso contemporaneo del passato, turismo culturale per i quotidiani La Repubblica e Il Sole 24 ore, e per diverse riviste italiane e straniere. Dirige il Magazine e il Journal di Archeostorie.

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2 Commenti

  1. Gloriana

    Bell’Articolo
    Dotto e avvincente
    Persone come Dubbini e
    Come Lei e come ok Comitato della Caffarella possono risvegliare interessi sopiti circa un passato del quale siamo eredi

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    • retro

      Beh, ringrazio a nome mio e di tutti. E siamo felici che si colga il senso del nostro lavoro

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