Sibari tra i siti culturali più in pericolo d’Europa? Magari!

12 Settembre 2019
Era tra le città più famose del mondo antico, e oggi è solo una landa desolata. Ma grazie ai Patti di integrità, ora a Sibari qualcosa si muove

Non sono i turisti i frequentatori più assidui di Sibari – la più ricca città di tutto l’antico occidente greco – e neppure i tombaroli. Sono le prostitute. È di sicuro il business più fiorente e c’è offerta a ogni angolo di strada. Tanto è una landa desolata. Italia Nostra ha proposto di inserire il sito archeologico nella rosa dei sette siti culturali più in pericolo d’Europa, i 7 Most Endangered 2020, e forse si sarebbe dovuto fare prima perché intanto in quella landa desolata sono stati spesi 18 milioni di euro. Sì avete letto bene, diciotto. E non si capisce dove né perché.

Sibari Parco del Cavallo

Sibari Parco del Cavallo. Visione dall’alto – foto Teodoro Teodoracopulos

Sibari: progetti svaniti nel nulla

In realtà, il perché originario lo conosciamo: ripulire il sito dal fango trascinato dall’esondazione del fiume Crati del gennaio 2013, liberarlo definitivamente dalle acque di falda affioranti, e proteggerlo da eventuali calamità future. Tuttavia chi va oggi a Sibari, nonostante la riapertura in grande stile dell’area nel 2017, i resti della città antica li vede ancora sott’acqua. Ero lì nel luglio scorso: “può solo guardare dall’alto – mi dice il custode dell’area denominata Parco del Cavallo, la più grande e significativa – perché verranno solo dopodomani a tagliare l’erba”. Ma in realtà non si può scendere perché c’è acqua stagnante; oltre all’erba, ci sono le rane e i rospi tra le rovine.

C’è un’inchiesta della magistratura in corso sulle trincee drenanti che sono state realizzate e non funzionano, visto che a ottobre 2018 il sito si è allagato di nuovo. Ma proprio per questo, si potevano forse acquistare pompe idrovore più potenti delle tre risalenti agli anni Settanta, riutilizzate per l’occasione: di tre, ne funziona solo una e pure male. Morale: tra le vie e i templi e le case della città antica, non passeggia più nessuno.

Sibari Parco del Cavallo ingresso

Sibari Parco del Cavallo. Ingresso – foto Teodoro Teodoracopulos

Segnaletica e pannelli inutili

Non arriva, invero, quasi nessuno. La segnaletica lungo la statale 106 Jonica non è chiara e l’ingresso al Parco non è segnalato. Chi – bontà sua – riesce ad arrivare e parcheggia (con mezzo proprio perché nulla di pubblico giunge sin lì), non vede il vialetto d’ingresso perché la freccia che lo indica si confonde tra la vegetazione e i bidoni della spazzatura. Quindi procede verso l’area finché il custode non l’acchiappa e lo fa tornare indietro per pagare il biglietto.

Indietro dove? Verso un orrido edificio nuovo e vuoto, dove però l’aria condizionata funziona a palla per ‘coccolare’ la sua unica ragione d’essere: la macchina per il caffè. “Desidera un caffè?” mi chiede il custode alla fine del giro. È tutto quel che può.

Neppure la storia della città è raccontata bene. È vero che ora si vedono quasi solo i resti della città romana di Copia, ma presentare pannelli descrittivi dei soli resti romani, e pure rovinati e sovente illeggibili, è pura follia. Quei pochi turisti che giungono lì, hanno nella mente le leggendarie lussurie di Sibari, la superbia e le esagerazioni dei suoi facoltosissimi abitanti, e quella guerra con la vicina Crotone nella quale i crotoniati ebbero la meglio, e distrussero la città deviando il corso del Crati.

Hanno poi nella mente la famosa colonia di Thurii costruita sulle rovine di Sibari da tutti i Greci riuniti, come si è detto, ma di fatto per la sola volontà dell’ateniese Pericle. La città costruita con strade ortogonali secondo lo schema del celebre architetto e urbanista Ippodamo di Mileto, e dove visse lo storico Erodoto. Non che la città romana non sia importante, però a un visitatore che cerca di capire, non si può negare tutto il resto.

Sibari Parco del Cavallo pannellistica

Sibari Parco del Cavallo. Pannelli nuovi e già rovinati – foto Teodoro Teodoracopulos

Il museo che ancora non c’è

C’è il museo – si dirà – dove tutto è narrato a meraviglia. Per nulla. Innanzitutto bisogna arrivarci, perché è ancor più defilato delle aree archeologiche. E poi c’è la scusa che è in ristrutturazione. Da quando? Mah… Fatto sta che manca un qualsivoglia principio ordinatore nell’esposizione. Persino la sala romana, ripensata di recente, manca di ogni ragionevole criterio. Ah, dimenticavo: l’aria condizionata non funziona, e in quella distesa piatta e assolata, non è un optional.

Eppure, il comunicato stampa del Ministero che magnificava la riapertura di Sibari al pubblico del febbraio 2017, presentava tutto come nuovo, fiammante e funzionante. Oltre ai lavori al Parco del Cavallo, parlava anche di interventi di riqualificazione all’Oasi di Casa Bianca che sono stati fatti, in verità, ma di recente. E persino di un punto di ristoro laggiù, mentre al momento la Casa Bianca non è ancora accessibile (figuriamoci il ristoro).

Parlava poi di significativi lavori di ristrutturazione e ampliamento al Museo, tra cui anche “un percorso multimediale organico che utilizza la forma narrativa e valorizza i reperti archeologici”. Ne parlava come di una cosa già fatta nel 2017, mentre io ero a Sibari nel luglio 2019 proprio in vista di quel nuovo allestimento. Un progetto che – mi è stato detto – dovrà narrare tutta la fantastica e rocambolesca storia della città con le tecnologie più all’avanguardia. Un bando per l’importo di 2 milioni di euro di cui si attende ancora l’uscita.

Sibari Prolungamento strada

Sibari. L’area denominata Prolungamento strada- foto Teodoro Teodoracopulos

Patti di integrità: un bagliore di speranza

Intanto, però, il progetto è stato inserito all’interno dei Patti di integrità che la Commissione europea ha promosso in 13 paesi tra cui l’Italia. Lo scopo è arginare la corruzione, e lo strumento è il coinvolgimento dei cittadini che vengono dotati degli strumenti necessari per monitorare gli appalti pubblici e verificarne trasparenza, correttezza e lealtà.

La gestione dei Patti per Sibari è stata affidata ad ActionAid che finora ha organizzato diversi corsi e iniziative per mettere in grado i cittadini di eseguire il monitoraggio al meglio, e io ero stata invitata lì per l’ultimo di questi incontri. Ho conosciuto gente fantastica che vuole veramente impegnarsi perché tutto vada per il meglio, però è stanca di attendere un bando annunciato ormai due anni fa.

Molti, poi, non nascondono il vero motivo del loro interesse per il museo: imparare un metodo da applicare poi al vero lavoro pubblico che si attende in zona, e cioè l’ampliamento della Statale Jonica. Lì davvero non deve passare neppure un euro in più. Quanto al Museo, sarà sicuramente un bel lavoro, ma è chiaro a tutti che se non viene inserito in un progetto più ampio di rivalutazione di tutta l’area, in un investimento serio che abbia nel mito di Sibari la sua forza trainante, continuerà a essere una cattedrale nel deserto. Lo sanno tutti, anche i più appassionati, anche chi in passato ha seguito da vicino tutte le eroiche indagini archeologiche in zona.

Sibari se non gira il vento, continuerà a essere terra di prostitute.

Autore

  • Cinzia Dal Maso

    ​Tre passioni: il mondo antico, la scrittura, i viaggi. La curiosità e l’attrazione per ciò che è diverso perché lontano nello spazio, nel tempo o nel pensiero. La voglia di condividere con tanti le belle scoperte quotidiane. Condividerle attraverso la scrittura. Un solo mestiere possibile: la giornalista che racconta il passato del mondo. Scrive su temi di archeologia, comunicazione dei beni culturali, uso contemporaneo del passato, turismo culturale per i quotidiani La Repubblica e Il Sole 24 ore, e per diverse riviste italiane e straniere. Dirige il Magazine e il Journal di Archeostorie.

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