Catalogare i palmenti sardi con l’archeologia partecipata

12 Giugno 2023
Il contest fotografico ‘Lacos de Catzigare. I palmenti rupestri di Ardauli’ ha consentito di identificare molte strutture mai catalogate

Viticoltura tradizionale e palmenti

Il piccolo borgo di Ardauli (Sardegna centrale) è dominato da dolci colline dove prosperano l’oliveto e il vigneto lavorati ancora con metodi tradizionali. Nelle vigne la vite è allevata ad alberello, l’aratura avviene ancora con l’asino, e si coltivano decine di uve differenti.

Quello di Ardauli è anche un territorio particolarmente ricco di palmenti rupestri, chiamati qui lacos de catzigare (vasche per la pigiatura), alcuni dei quali utilizzati fino ai giorni nostri. La tipologia più comune, scavata nella roccia affiorante, è costituita da un sistema di due vasche comunicanti attraverso un foro o un’apertura a canaletta.

Il concorso fotografico

Fin dal 2013 i palmenti rupestri di Ardauli sono stati oggetto di approfondite ricerche archeologiche. Per proseguire il lavoro di indagine, nel 2020 l’associazione Paleoworking Sardegna ha proposto un metodo originale di ricerca partecipata: un contest fotografico sui lacos de catzigare meglio conservati del territorio ardaulese dal titolo Lacos de Catzigare. I palmenti rupestri di Ardauli. Un’iniziativa che ha segnato l’inizio di una collaborazione con quel territorio che continua ancora oggi.

I concorrenti hanno partecipato attraverso l’invio di due fotografie su uno o più palmenti. L’unico requisito richiesto è stato l’invio di fotografie relative esclusivamente a palmenti ricadenti nei terreni di loro proprietà, così da evitare sconfinamenti inopportuni, ma anche per attuare una ricerca più capillare e fruttuosa, oltre che veloce.

Il concorso si è svolto in cinque fasi: avvio; definizione e pianificazione; invio delle immagini tramite email; lavoro di selezione da parte della giuria; cerimonia di premiazione. I partecipanti che hanno condiviso attivamente l’esperienza archeologica sono stati 34. Il contest ha permesso di censire 64 palmenti rupestri, 32 dei quali estranei al patrimonio già catalogato.

La giuria che ha selezionato i palmenti rupestri più significativi e i primi tre scatti classificati, era costituita da esperti di enologia e di archeobotanica. Il lavoro di ricerca, concretizzato attraverso la raccolta di materiale fotografico e di alcune indicazioni relative al contesto di riferimento, è stato condiviso fin da subito con i partecipanti attraverso la digitalizzazione e l’inserimento delle fotografie all’interno di un sito web creato appositamente, e su una pagina Facebook destinata al grande pubblico.

Archeologia partecipata

Localizzare manufatti non ancora conosciuti era l’obiettivo primario del concorso che, attraverso la fattiva partecipazione dei proprietari dei fondi, ha permesso di abbattere i tempi di una tradizionale ricerca sul campo. Il coinvolgimento delle comunità locali nel censimento di questi manufatti è stato fondamentale, giacché gli specialisti dei beni culturali e i funzionari della tutela non sono in grado di farsi carico di un così consistente e disseminato patrimonio archeologico a rischio di scomparsa. Tuttavia, la collaborazione tra archeologi e non specialisti nel progetto di ricerca è risultato non solo un buon metodo per censire e catalogare celermente numerosi palmenti rupestri, ma anche un’occasione di progresso culturale, sociale e – ci si augura in futuro – anche economico.

Nel nostro progetto, infatti, la partecipazione diretta ha favorito uno scambio continuo di conoscenze tra la popolazione locale e gli specialisti, azione risultata fondamentale anche per quanto concerne l’interpretazione e le metodologie di utilizzo dei palmenti. Infatti gli abitanti del territorio – suoi profondi conoscitori – sono stati guidati a organizzare le proprie competenze dagli specialisti che, a loro volta, ne hanno ricavato preziose informazioni.

Palmenti foto vincitrice

Foto vincitrice del concorso fotografico – Palmento Funtana Leiosa, foto di Luana Sanna

Un metodo di lavoro

I risultati ottenuti dall’équipe Paleoworking fanno ben sperare e potranno servire da modello anche per altre comunità. Come prima cosa abbiamo imparato che, affinché le iniziative abbiano successo e un impatto prolungato nel tempo, occorre partire da una profonda conoscenza del territorio e della comunità interessata.

Ovviamente in una comunità non esiste una sola voce ma una pluralità di opinioni diverse, talvolta contrastanti. Perciò è stato importante lavorare con tutta la popolazione senza limitarsi a coinvolgere solo quanti già impegnati nella tutela e nella salvaguardia del patrimonio culturale.

Inoltre, il progetto ha goduto dell’approvazione delle istituzioni locali e degli altri enti operanti sul territorio e non, che hanno compreso l’importanza di questa piccola iniziativa, e soprattutto l’impegno e la passione di ciascun partecipante nel ripulire e donare nuova vita a questi importanti monumenti.

Work in progress

E’ però anche importante, anzi fondamentale, capire bene quale effetto reale il progetto abbia avuto e avrà nel presente e futuro del territorio. Per questo stiamo contiunuando a lavorare per valutare e quantificare, con tutti gli strumenti a disposizione, l’impatto delle attività partecipative proposte. Nel frattempo, però, già alcuni comuni e gruppi operanti nell’isola si sono dichiarati interessati a replicare questo tipo di attività nel loro territorio.

Inoltre la nostra associazione, oltre a proseguire nell’azione di censimento e studio archeologico dei palmenti, sta cercando di affrontare le questioni relative alla loro conservazione e fruizione, senza dimenticare la salvaguardia della biodiversità viticola. In collaborazione con l’Istituto Sardo di Scienze Lettere e Arti (lSSLA) stiamo cercando di approfondire il rapporto esistente fra palmenti, pinnettos (le antiche capanne in pietra dei pastori sardi) e territorio. I lavori sul campo – supportati dai proprietari dei fondi – avranno inizio il prossimo primo luglio.

Il trekking dei palmenti

Ci siamo anche occupati della valorizzazione turistica dei palmenti con la creazione, a partire da essi, di itinerari che si snodano attraverso una natura incontaminata, fuori dai tradizionali circuiti di visita dedicati alle degustazioni di vini. In questo modo i visitatori, guidati da membri dell’associazione, hanno potuto compiere un viaggio affascinante nella vitivinicoltura antica, alla scoperta dei vecchi palmenti di pietra scavati nella roccia. E durante la vendemmia 2023, gli itinerari saranno arricchiti da emozionanti attività di pigiatura diretta in palmento.

Abbiamo coinvolto anche le scuole. In questo anno scolastico, grazie all’adesione dei comuni di Ardauli e Neoneli alla manifestazione Monumenti Aperti, i ragazzi dell’Istituto Comprensivo di Samugheo – Plesso di Ardauli sono stati formati da noi e hanno curato le visite guidate ad alcuni palmenti rupestri del territorio di Neoneli. In questo modo hanno avuto l’opportunità di scoprire non solo il fascino di questi antichi manufatti, ma anche le metodologie di produzione del vino e le differenze esistenti fra i diversi impianti censiti finora.

Questo nuovo atteggiamento verso i palmenti ha aperto la strada anche ad altre iniziative. In cantiere ci sono: la messa a sistema dei percorsi eno-archeologici già sperimentati (che saranno fruibili anche attraverso app di telefonia cellulare), la pubblicazione del catalogo scaturito dal concorso fotografico, la realizzazione di una mostra fotografica permanente. E fra pochi giorni ad Ardauli – comune che, anche grazie alle azioni intraprese dal Paleoworking Sardegna ha deciso di aderire all’Associazione Nazionale Città del Vino – è previsto un convegno in cui si rimarcherà l’importanza di tenere vivo il progetto nato attraverso il contest fotografico.

Contiamo che tutte queste azioni, oltre a promuovere la conoscenza del territorio vinicolo ardaulese, possano in futuro generare anche reddito sostenibile per i suoi abitanti.

 

Autore

  • Cinzia Loi

    Archeologa, ha partecipato a numerose campagne di scavo in Italia e all’estero in collaborazione con università ed enti preposti alla tutela del patrimonio culturale. Il suo principale interesse è lo studio della cultura materiale e l’etnografia, in particolare l’analisi dei processi produttivi e delle attività artigianali. Dal 2005 si occupa di archeologia sperimentale. È autrice di numerose pubblicazioni, tira con l’arco preistorico ed è presidente dell’associazione Paleoworking Sardegna.

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