Sono passati all’incirca 3.800 anni dalla prima volta in cui i due eroi più famosi al mondo, Achille piede veloce e Odisseo dalle mille astuzie, si sono trovati a combattere sullo stesso campo di battaglia davanti alle mura di Troia.
Ma dopo così tanto tempo, sembra non essere cambiato quasi niente: eccoli, ancora polverosi e sporchi di fango e sangue rappreso, coperti in volto dai loro splendidi elmi e dalle loro oscure contraddizioni.
Due eroi che appaiono simili e opposti a seconda dei punti di vista: sono tutto e il contrario di tutto. Li cantavano l’Iliade e l’Odissea; oggi li raccontano, da ultimi, Maria Grazia Ciani e Matteo Nucci.
Due scrittori con la stessa passione per l’antichità classica, ma con vite e opinioni molto diverse: Ciani, grande studiosa della cultura greca, nonché autrice di famose e premiate traduzioni dell’Iliade e dell’Odissea; Nucci, scrittore candidato a due premi Strega e stimato conoscitore del pensiero antico.
Provare a schiudere le porte del mito
Ne Le porte del mito Ciani non rimane imbrigliata ai carri omerici come Nucci, ma spazia per le praterie di tutta la mitologia arcaica, portandone alla luce i frammenti più belli ed enigmatici, e collegandoli con maestria e naturalezza alla letteratura a noi più vicina, fino a Tolkien e a Baricco.
Ma la sua immensa chiarezza e specificità di linguaggio non basta a rischiarare del tutto il labirinto della cultura antica. Pare che il senso più profondo del suo nuovo libro stia proprio qui: non si possono dare risposte definitive ai molti enigmi che la letteratura greca ci pone. I frammenti trovati non bastano a fare luce sulle molte parti mancanti.
Narrare gli eroi
Nucci invece racconta. Introduce e conclude il suo Achille e Odisseo con due personali rielaborazioni del terzo libro dell’Iliade e del quarto dell’Odissea, entrambe incentrate sul personaggio di Elena.
Il fil rouge che collega i due episodi non è dato solo dalla presenza della regina di Sparta, ma soprattutto dall’arte di raccontare storie per placare il dolore, per ricavarne verità utili per la vita di ogni giorno, per ricordare e far rivivere: alcuni dei motivi per cui ancora oggi, nel 2020, si scrivono e si leggono con passione le avventure dei due eroi omerici.
Grazie alla narrativa agile e fresca di Nucci, Achille torna a vivere i suoi anni più acerbi e i suoi errori giovanili, cogliendo di sorpresa anche gli animi più allenati alle storie mitologiche. È infatti un eroe molto più abile nell’uso delle arti della mente di quanto si possa immaginare.
Umanità di Odisseo
Tuttavia, non è Achille, con la sua intelligenza svelata, a far divergere gli sguardi di Ciani e Nucci, bensì Odisseo.
Ciani getta erba secca per infuocare le ambiguità di Odisseo.
Salvò gli Achei ordendo l’inganno del cavallo, ma condannò a morte un’intera città di persone innocenti. Si vendicò troppo crudelmente di Palamede, che ebbe l’ardire di spingerlo verso il suo inevitabile destino. Fece strage dei Proci che invasero il suo palazzo in sua assenza, sebbene non avessero compiuto un atto tanto sanguinario da giustificare la morte ricevuta.
Menzogne, vendette, assassinii: è davvero così l’eroe che pensiamo di conoscere? Ciani non sembra intenzionata a condannarlo, nonostante ne faccia emergere i lati negativi. Desidera piuttosto raccontare Odisseo senza l’aura divina e perfetta che una lettura superficiale dei miti potrebbe concedergli. Ci ricorda che un eroe è tale perché è il primo fra gli uomini, è un campione di umanità: rappresenta, all’ennesima potenza, tutti i nostri pregi, i nostri difetti e i nostri limiti.
Scrive: “Nessuno in nessun luogo. Ma dovunque alla fine scopriamo un Odisseo”.
Le lacrime di Odisseo
Nucci, al contrario, espone l’umanità dell’illusionista che incanta le corti del Mediterraneo senza calcare la penna sugli errori, ma piuttosto sulla sua rassegnazione all’errore. Odisseo percepisce di essere intrappolato in un loop infinito. Sa che uccidere i Proci è sbagliato, ma prova a immaginare modi per fuggire al suo destino e non ci riesce. Compie delle scelte che potrebbero essere errate, ma in quanto essere umano può solo agire e sperare nel meglio.
Nucci non nega le azioni cruente di Odisseo, però vi aggiunge il pathos delle lacrime. L’eroe piange prima e dopo aver scelto: versa lacrime di frustrazione, come quelle di tanti uomini che si riconoscono mortali imperfetti, destinati a possibili fallimenti. Non vorrebbero sbagliare ma sono obbligati a farlo per andare avanti, per vivere secondo la propria legge interiore: “Le nostre scelte, ogni giorno, incarnano quel che siamo diventati, esista o meno un destino, una sorte, una predeterminazione, una condizionata oppure una assoluta libertà d’arbitrio.”
Maria Grazia Ciani
Le porte del mito. Il mondo greco come un romanzo
Marsilio, Marsilio, pagine 128, euro 15
Matteo Nucci
Achille e Odisseo. La ferocia e l’inganno
Einaudi, pagine 232, euro 16
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