Con i suoi 18.000 visitatori, nel 2017 il Museo etrusco di Populonia (Livorno) è stato non solo il museo archeologico più visitato del territorio, ma anche il più frequentato della costa livornese e grossetana. Un successo indubbio dovuto a un insieme di fattori che io, direttore scientifico del museo, cercherò ora di analizzare.
Innanzitutto devo dire che il mio lavoro al Museo rientra all’interno delle attività dell’Associazione culturale Past in Progress che, in collaborazione con enti pubblici e istituzioni private, opera da anni in un territorio articolato e complesso come quello di Populonia, curando in particolare proprio il rapporto tra cittadini e patrimonio culturale, attraverso modelli di gestione sostenibile. Da sempre, dunque, Past in Progress si adopera per Creare connessioni tra musei, territori e comunità proprio come recita il titolo del workshop a cui ci ha gentilmente invitati la direttrice del Polo regionale di Palermo per i parchi e i musei archeologici Francesca Spatafora.
Museo etrusco di Populonia. I numeri
Il Museo etrusco di Populonia presenta al pubblico la collezione privata raccolta dalla famiglia Gasparri agli inizi del Novecento, e composta dai reperti concessi dallo Stato come premio di rinvenimento per le scoperte effettuate nei terreni di loro proprietà nel Golfo di Baratti. Aperto al pubblico nel 1943 per volontà di Giulia e Tommaso Gasparri, il Museo è stata la prima istituzione museale della Val di Cornia. E’ un piccolo museo, privo di reperti di particolare pregio o rilevanza storico-artistica, come potrebbe essere la bellissima anfora d’argento del Museo archeologico di Piombino o lo splendido Attis in marmo del Museo archeologico di Rosignano Marittimo.
Il Museo è stato riallestito nel 1985, in occasione delle celebrazioni per l’anno degli Etruschi, e poi di nuovo nel 2015 quando la nuova visione della società proprietaria del Castello di Populonia decise di riconoscere nel Museo il luogo della divulgazione e della promozione culturale dell’intero Castello.
Oggi il Museo etrusco di Populonia è il terzo sito più visitato della Val di Cornia, dopo la Torre medievale del Castello di Populonia con circa 65.000 presenze annue, e il Parco Archeologico di Baratti e Populonia, che si attesta sulle 46.000. Guida quindi la classifica dei musei archeologici di un lungo tratto di costa toscana con – dato non irrilevante – una presenza veramente minima di scolaresche.
I fattori del successo
Qual è dunque il suo segreto? In primis sicuramente la posizione all’interno del Castello che è un attrattore turistico in sé. Ma la posizione è quella da sempre, e le presenze registrate a partire dal 2002 mostrano una linea piuttosto irregolare di alti e bassi che termina nel 2014 con un basso storico.
La svolta si è avuta proprio nel 2015 con la nuova visione della proprietà che ha affidato i servizi museali di apertura, didattica, bookshop, ecc. a una società esterna, la Periplo Turismo e Cultura S.n.c. Questa, attraverso aperture continuative e bigliettazione integrata, ha reso sostenibile la gestione della Torre e del Museo.
Altri aspetti non secondari del successo sono il nuovo allestimento del museo e le attività di ricerca scientifica, valorizzazione e divulgazione che vi si svolgono. Oggi queste attività sono coordinate da me in qualità di direttore scientifico, in collaborazione con Periplo, Past in Progress e con il Sistema dei Musei e Parchi della provincia di Livorno. Ma è soprattutto il modo in cui la comunità percepisce tutto questo a fare la differenza.
Ogni anno il museo ospita conferenze e mostre di attualità archeologica finalizzate a restituire immediatamente ai cittadini i risultati delle ricerche in corso nel territorio e affrontare i temi più ‘caldi’ dell’archeologia populoniese. Per esempio, dopo l’alluvione che ha colpito il Golfo di Baratti nell’autunno del 2015, nella primavera del 2016 si sono mostrati subito al pubblico i risultati di uno scavo di emergenza realizzato all’indomani dell’alluvione che ha portato alla luce i resti di una abitazione etrusca. E l’estate scorsa è stata la volta dell’oramai famosissimo ‘Uomo in ceppi’, un uomo trovato sepolto con anelli al collo e alle caviglie, anch’egli portato alla luce pochi mesi prima.
Tutto questo ha generato molto interesse, grandissima partecipazione, e di conseguenza occupazione: ne traggono giovamento la società Periplo – appositamente costituita con 3 soci e 1 dipendente – io stessa in qualità di direttore scientifico, l’architetto che progetta i supporti per le mostre e la grafica, e gli archeologi che si occupano dei progetti scientifici e di divulgazione.
Panoramix, il cannocchiale di Populonia
Il Museo etrusco di Populonia, quindi, grazie alla sua posizione, al nuovo sistema di gestione e al nuovo coordinamento delle attività scientifiche e divulgative, è oggi un’ottima opportunità per promuovere l’archeologia e trasmettere a tutti i cittadini il senso del nostro patrimonio.
Un esempio che mostra come tutto questo sia recepito dalla comunità è l’esperienza di Panoramix, il cannocchiale panoramico acquistato con un’operazione di crowdfunding e installato sulla torre medievale di Populonia. Le donazione sono arrivate da associazioni locali come gli Amici di Populonia e il Lions Club Piombino, internazionali come l’International Studies Institute at Palazzo Rucellai e, attraverso il sito di raccolta fondi Produzioni dal Basso, da singoli cittadini che hanno contribuito con varie somme da 20 fino a 1.000 euro.
Una volta installato, il cannocchiale, tramite la gettoniera da 1 euro, è diventato in pratica una raccolta fondi permanente il cui ricavatoviene interamente reinvestito in progetti di ricerca e comunicazione dell’archeologia nel territorio di Populonia. Dal 1 agosto al 5 novembre 2017, il cannocchiale ha reso quasi 2.000 euro.
Il sostegno economico che abbiamo ricevuto per Panoramix è forse la manifestazione più concreta della volontà dei cittadini di sostenere progetti di archeologia legati al territorio di Populonia. Tuttavia, con una lente un po’ più grande, vi si riconosce anche la prova dell’esistenza di una coscienza e una coesione sociale diffusa, che emerge proprio dalla volontà di partecipazione nei processi di gestione e valorizzazione del nostro patrimonio culturale.
Buongiorno,
volevo segnalarVi l’uscita del libro “Benedetta Maremma. Storia dei santi della bassa Toscana” edito dalla Sarnus che racconta la vita e il culto di 25 santi tra le province di Livorno e Viterbo.
Cordiali saluti
Marco Faraò