Cosa fare dunque per attirarli, per trasformarli in visitatori felici, soddisfatti e con una voglia matta di tornare al nostro museo? Ecco cinque dritte su come trasformare i Millennials nelle vere rock star del museo di domani!
1. Un’esperienza unica al prezzo di un caffè
Quindi via libera nei musei ad attività ed eventi gratuiti, all’ingresso ridotto durante certe ore del giorno quando il flusso dei turisti è meno consistente, e serate speciali dedicati ai giovani a prezzo contenuto.
Lo sconto famiglia va bene, ma fino ad un certo punto: i Millennials infatti si sposano e fanno figli sempre più tardi, e nel frattempo si godono gli amici. Allora perché non pensare a una bigliettazione ad hoc del tipo “entri in due paghi uno” oppure “aperitivo al museo, ingresso intero ma prosecco in omaggio”?
Hanno già sperimentato iniziative di questo tipo il Museo dell’Università della Pennsylvania, che regolarmente organizza l’evento “Mummies and Martinis”, o il MADRE di Napoli che con i suoi appuntamenti serali “Museum Party” ha dimostrato che ai Millennials quest’idea piace molto!
2. Spettatore a chi?!
Perché allora non farlo anche nei nostri musei? Magari aprendo i depositi e organizzando insieme, sul web, con utenti di tutto il mondo, una mostra che rifletta i loro gusti e i loro interessi? Per esempio, il progetto “Micropasts” del British Museum, in partnership con l’University College of London e l’Arts and Humanities Research Council, ha avviato un’importante attività di schedatura di reperti e realizzazione di modelli 3D in crowdsourcing, e oggi conta piu’ di mille utenti registrati.
3. In rete per valutare…
I Millennials sono la prima generazione al mondo che è stata oggetto di campagne di marketing fin dalla prima giovinezza, e il risultato è che non si fidano della pubblicità. Il Pew Research Center, nel suo ritratto generazionale dei Millennials, sostiene infatti che la generazione Y preferisce consultarsi con i coetanei per determinare il merito di un sito web o di un prodotto: il giudizio di “persone come loro” è considerato più credibile di qualsiasi campagna promozionale, perché disinteressato e “testato sul campo.”
Questo non significa che decenni di marketing culturale vadano buttati dalla finestra, ma forse è il momento di cominciare a prestare più attenzione a cosa dicono gli utenti dei nostri musei su TripAdvisor, per esempio. Second il Pew Research Center, il 70% dei Millennials infatti sente la responsabilità di condividere la propria esperienza – sia buona o cattiva – con la comunità online. Insomma, un Millennial felice di una visita al museo può essere il miglior ambasciatore di sempre!
Un’altra risorsa sono i blogger che si occupano di viaggi e turismo. Sono numerose ormai le organizzazioni che invitano blogger per visite speciali per poi recensire l’esperienza sui rispettivi blog. In campo museale gli esempi ancora scarseggiano, ma chi non si è tirato indietro – come la Galleria degli Uffizi di Firenze con l’iniziativa #UFFIZIARCHEOLOGIA o il Parco archeologico di Classe nel giorno della sua inaugurazione l’estate scorsa – si è detto molto soddisfatto dei risultati.
4. …ma offritegli la possibilità di staccare la spina
I Millennials sono i nativi digitali per eccellenza. Cresciuti a pane e internet, secondo la ricerca Futurecast, la generazione Y spende circa 18 ore al giorno utilizzando media di vario genere, 5,4 delle quali sono spese sui social network. E ovviamente si aspettano che una visita al museo rispecchi perfettamente il loro stile di vita digitale. Ormai la maggior parte dei principali musei nel mondo si stanno attrezzando con tecnologie ultramoderne e all’avanguardia che possano essere di supporto alla visita e migliorare la comprensione e il godimento della loro collezione. C’è chi ha introdotto i QR code, schermi con ricostruzioni 3D e esperienze multisensoriali e c’è anche chi sta testando i Beacon (un’app che attraverso la tecnologia Bluetooth è in grado di trasmettere informazioni a smartphone e tablet con un raggio di azione regolabile dai 10cm ai 70m). Tutte ottime idea, ma a quanto pare per i Millennials questo può essere addirittura un po’ troppo.
Certo, si aspettano di reperire tutte le informazioni necessarie alla visita sul web e di interagire con il museo sui social, ma un volta entrati, la storia cambia. Come ha sottolineato Scott Stulen, curatore dell’Indianapolis Museum of Art, alla conferenza Indy Redefined nell’ottobre 2014, la generazione Y vuole andare al museo per staccare e allontanarsi dalla tecnologia, anche solo per un po’. Per loro il museo deve essere un centro d’intrattenimento intelligente, in cui poter ammirare qualcosa che è unico e irripetibile e staccare dalla frenesia della vita iper-connessa e frenetica di tutti i giorni. Quindi tecnologia sì, ma con dei limiti.
5. Che sia per una buona causa
Negli Stati Uniti i musei dove si spiega chiaramente che il biglietto d’ingresso va a sostenere azioni di restauro, conservazione o addirittura attività educative con gruppi socialmente deboli, hanno registrato le più alte presenze di Millennials. Al McNay Art Museum per esempio, eventi speciali al prezzo di circa 80 euro per finanziare l’ingresso gratuito ogni secondo martedì del mese, registrano regolarmente il sold-out.
I Millennials sono fondamentalmente idealisti, e se percepiscono di potersi fidare della missione di un’organizzazione, sono ben contenti di contribuire. Trasparenza diventa quindi parola d’ordine per la gestione dei fondi dei musei, meglio ancora se abbinati a campagne di restauro ad hoc, o attività speciali per la comunità.
Bene, e se dopo aver letto questo pezzo vi sentite schiacciati dal peso delle richieste di questi Millennials, preparatevi al peggio: la generazione Z (i nati tra il 1996 e il 2000), con una capacità di acquisto spaventosa e la soglia d’attenzione di un pesce rosso, è dietro l’angolo!
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