Continua il viaggio: la preproduzione spiegata agli archeologi

3 Marzo 2016
Dove l’allegra compagnia si inoltra nella valle della Preproduzione, incontra i primi ostacoli e inizia a capire come superarli
È ora di scoprire le carte.
Molti di voi lo sapevano, altri lo immaginavano, alcuni lo temevano. Sono un archeologo. Non è quindi del tutto sorprendente che, come guida di questo viaggio avventuroso, abbia scelto il più famoso archeologo di tutti i tempi, il più grande studioso dell’Antico nel suo complesso, docente di chiara fama internazionale e instancabile ricercatore.

Ed è proprio lui ad uscire rapido dall’erba alta: il prof. Indiana Jones, junior.

Immagino che molti di voi stiano storcendo il naso: già cosa tutto questo abbia a che fare con l’archeologia è decisamente poco chiaro, ma se ci si mette anche lui …
Ai più scettici gioverà tuttavia ricordare che Indiana Jones ha sempre ragione. Dopo averci insegnato che l’archeologia è ricerca dei fatti, non della verità, ma che in fin dei conti è anche scavare nel punto indicato dalla X, sono sicuro che saprà fornirci più di una lezione utile per la nostra carriera di animatori digitali.
E se tutto questo ancora non vi convince, vi propongo una domanda: in un viaggio pieno di trabocchetti da chi preferireste farvi accompagnare, dal vostro prof. di Archeologia o da lui in persona?
Se vi siete dati la stessa risposta che mi sono dato io, è il momento di proseguire. Chi vuole tornare indietro può ancora farlo, abbiamo appena iniziato.

Solo l’animatore penitente…

Il nostro Virgilio con cappello e frustino ci spiega da subito quali sono le difficoltà che ci attendono al varco lungo il percorso. Tanti ostacoli, e ovviamente tre prove. E, altrettanto ovviamente, ci tiene a precisare: “solo colui che supererà le tre prove riceverà in dono l’eterna soddisfazione di aver portato a termine il proprio progetto”.
… o non era proprio così? Mah! In fondo la cosa è la stessa. Con buona pace di quei pochissimi fra noi che conoscono a memoria la trilogia di Indy (parentesi: considerare parte della serie Il tempio maledetto è già un generoso favore; del quarto episodio non ne parliamo proprio; aspettiamo con un certo timore il quinto).
Sotto la sua rassicurante guida ci inoltriamo fra sentieri larghi e dolci, alla ricerca di una pista sicura attraverso la valle. Siamo ormai in cammino da un po’ quando il sentiero che all’inizio appariva così evidente comincia a farsi meno chiaro. Numerose tracce si incrociano e si sovrappongono, per poi dopo un breve tratto scomparire fra una macchia di alberi o perdersi su un affioramento roccioso. E così per tutta la giornata. Al tramonto non sappiamo quanta strada abbiamo percorso. È stato un lungo e faticoso giorno di cammino, e non tanto per la salita, quanto per il costante timore di perdere una traccia sicura.
Il sole ormai sta maestosamente tramontando dietro le Colline della Confusione, dissolvendosi nella nebbia che perennemente le avvolge; la nostra guida stabilisce di fermarsi su un bel pianoro erboso che domina il paesaggio. Più tardi, intorno al fuoco, il nostro scoramento si tocca con mano. Negli occhi di tutti si legge il timore di non riuscire mai a superare l’apparentemente pacifica Valle …
“Qui basta sbagliare sentiero per rischiare di perderci per sempre e non uscire mai”.
“Quasi quasi a questo punto meglio tornare indietro …”.
“Ma è proprio questa la prima prova da affrontare!” – interviene decisa la nostra guida – “Non è un trabocchetto, non ci sono teste che rotoleranno. Ma solo l’animatore penitente potrà passare. Perché c’è solo un modo per uscire dalla Valle della Preproduzione. Essere modesti”.
Fissando i nostri visi attoniti, riflessi nella fiamma, continua: “Essere modesti vuol dire ragionare sulle nostre forze e trovare una via d’uscita rapida, che ci lasci ancora energie sufficienti per le tappe successive del viaggio. Non possiamo oziare fra questi splendidi paesaggi cercando la via più bella. Dobbiamo cercare la più breve”.
Quello che a modo suo Indy ci vuole dire è che nell’affrontare la Preproduzione dobbiamo già tenere d’occhio la sostenibilità del nostro progetto e valutare ogni idea in base alla sua reale fattibilità. Nel caso specifico di un corto di animazione vuol dire dotarsi di un elemento essenziale.

Un PC potente?
Un software aggiornato?
Un corso di grafica multimediale?

L’importanza di avere una buona storia

No, molto probabilmente nulla di tutto questo ci servirà. C’è invece una cosa, semplice ma fondamentale, di cui non possiamo assolutamente fare a meno: una buona storia.
È questo che dobbiamo cercare fra i sentieri della Valle, una storia che risponda a due requisiti fondamentali, pena il fallimento: essere coinvolgente ed essere producibile. Deve in altre parole risultare interessante, accattivante, e divertente, ma anche sufficientemente semplice da poter essere narrata in un tempo ragionevolmente breve, e quindi prodotta con i mezzi che avremo a disposizione: un po’ di tempo, il solito PC, un po’ di software low cost (o magari free), e tutti i tutorial del web!
E per trovarla l’unico modo è cercare un’ispirazione. Io, la mia ispirazione per Closing Time l’ho trovata in un’immagine, quella che apre questo post: una fotografia semplice, banale, bruttina e imperfetta, solo oggetti anonimi. Che però in un istante solo mi hanno chiesto di prendere vita, di essere animati e musicati. Di diventare, per una volta, protagonisti: in una parola sola, di essere raccontati.

Ma adesso siamo davvero troppo stanchi per continuare. Mentre le prime idee iniziano a fluttuarci nella testa, la notte scende tranquilla nella valle silenziosa e pacifica. Domani ci aspetta una nuova giornata di cammino, ma abbiamo le idee chiare su come procedere. E questo ci conforta, e ci fa addormentare sereni.

Autore

  • Giuliano De Felice

    Archeologo, certo. A essere precisi, ricercatore universitario. Che dopo essersi sentito domandare per la millesima volta “Bello, che cosa hai scoperto oggi?”, inizia a capire alcune cose: per esempio che l’archeologia, quella vera, archeologi a parte, non la conosce nessuno; ma anche che irritarsi non vale, perché quella domanda rivela un vero desiderio di conoscenza. E allora l’archeologia prova a raccontarla: usando parole ma anche immagini, video, suoni e animazioni. Quello che oggi chiamiamo multimediale, ma che in fondo è da sempre semplicemente fantasia.

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