Libertà è partecipazione. Un workshop operativo

17 Maggio 2023
Incontro a Livorno tra musei e parchi toscani ed europei per scambiare idee su come diventare ‘case’ sempre più accoglienti delle proprie comunità. Perché Libertà è partecipazione

Libertà è partecipazione. L’idea per il titolo del workshop di venerdì prossimo 19 maggio mi è venuta di getto, e non solo perché il giorno prima avevo sentito alla radio la voce di Giorgio Gaber. Perché partecipare della cosa pubblica è l’unico modo per essere cittadini veri, e pertanto liberi. Un concetto che va ribadito con forza contro le spinte centripete e individualistiche che aleggiavano minacciose già nel 1972 quando Gaber scrisse la canzone.

Il monumento fa la comunità

“La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero”. Libertà è far parte di qualcosa, vivere in una comunità. Anche nelle comunità di patrimonio di cui parla la Convenzione di Faro, che si prendono cura dei nostri beni culturali e naturali perché vi attribuiscono un valore. E perché sanno quanto possono aiutare a vivere il presente e immaginare futuri migliori. I parchi e i musei, se realmente vissuti dai cittadini, sono dei grandi aggregatori di comunità.

Ecco perché il ritornello di Gaber è il titolo migliore per l’incontro che ho ideato, per conto di Fondazione Agliaia. Diritto al patrimonio culturale, tra i Musei e parchi partecipativi della Toscana e i progetti vincitori degli European Heritage Awards/Europa Nostra Awards. Un incontro fortemente operativo che vuole presentare ai musei e parchi toscani, da poco riuniti da Fondazione Aglaia in un Sistema, alcune esperienze vincenti da tutta Europa. E vuole che il confronto sia stringente, con domande precise e dialoghi serrati, così che i toscani possano trarre idee e ispirazione per progettare al meglio le loro attività partecipative comuni. E, naturalmente, anche chiunque altro vorrà essere con noi (in presenza o da remoto) venerdì 19.

Gruppi umani eterogenei

Ma cos’è, al giorno d’oggi, una comunità? La questione si è imposta con forza a un incontro a cui ho partecipato giorni fa all’Università di Venezia. Si parlava di isole della laguna nord, oramai quasi prive dei loro abitanti e assalite invece da un turismo vorace che gravita però su Venezia. Si parlava di comuni della costa veneta che vivono quasi solo nella stagione turistica estiva. E di paesi di montagna che stanno cambiando pelle e non capiscono ancora cosa può riservare per loro il futuro.

Sono tutte comunità che si stanno contraendo e slabbrando sempre più, e perdendo i propri punti di riferimento e certezze. Molte di esse stanno cambiando fisionomia con l’immigrazione. Per tutte loro è difficile sapere esattamente cosa vogliono oggi, e perseguire un obiettivo preciso. È una situazione comune a tanti gruppi umani, non più riuniti da storie condivise come fino a non molto tempo fa, ma dal mero caso di trovarsi ad abitare lo stesso luogo. Sono comunità di prossimità, eterogenee come non mai.

Trovare un senso comune

Eppure, proprio queste comunità possono trovare il proprio collante in una testimonianza del passato, un monumento, un museo, un parco. Non importa da dove vengano gli abitanti di un luogo; importa che trovino un punto di riferimento capace di far emergere quel luogo dall’anonimato e dargli un senso di unicità, creando appartenenza e orgoglio. Un punto d’incontro dove ragionare assieme sul passato, e conoscere meglio sé stessi, confrontandosi col passato. I monumenti hanno la capacità unica e ineguagliabile di dare un senso anche a spazi nati con poco senso, così da ‘fare comunità’ per davvero. Di diventare, in sintesi, delle vere ‘case di comunità’.

Ho vissuto anch’io questa sensazione di appartenenza quando, veneziana, mi sono trasferita a vivere a Roma, nel quartiere di Monteverde vicino a Porta San Pancrazio. Un luogo che è stato il teatro delle battaglie per la difesa della Repubblica Romana. Fino a prima, Garibaldi non era per me un personaggio particolarmente significativo, ma lo è diventato. E così pure Goffredo Mameli, e Ciceruacchio e tutti gli altri. Dov’è ora la mia casa, i garibaldini hanno combattuto a lungo contro i francesi. È come se sentissi il calore dei corpi passati e morti sotto i miei piedi. E percepisco anche la storia più recente del quartiere: non mi vergogno a dire che ho letto Ragazzi di vita di Pasolini solo dopo essermi trasferita a Monteverde. Oggi Garibaldi e Pasolini un po’ mi appartengono, e condivido questa appartenenza con molti nel quartiere, che partecipano come me alle iniziative del Museo e del Mausoleo.

Professionisti diversi

Iniziative, mostre, incontri, presentazioni, performance e quant’altro. Deve dunque fare questo il professionista dei beni culturali? Il dibattito in materia è apertissimo. Le università continuano a fare la solita formazione oppure si inventano le professionalità più stravaganti; lo stato si apre a nuove denominazioni ma con approssimazione e cautela; e i privati faticano a trovare i professionisti di cui hanno bisogno. Eppure non è così complicato: servono persone al servizio della comunità. Per davvero. In una società dove vige la divisione del lavoro, loro hanno il compito di curare la comunità di patrimonio.

Il che significa fare ricerca e tutela, innanzitutto, ma sempre per e con i cittadini. Bisogna perciò conoscere a menadito il territorio di riferimento, come non si stanca di ripetere Carolina Megale che di Fondazione Aglaia è l’anima. Bisogna conoscere bene le sue storie, i monumenti e le persone. Più conosci e più ti vengono idee, e intrecci relazioni tra le cose e le persone. Più conosci e più riesci a individuare quei luoghi e temi che sono di maggiore interesse pubblico oggi, e possono contribuire a portare benessere culturale, sociale ed economico a tutti. Più conosci e più trovi gli argomenti per provocare le menti e stimolarle a guardare oltre.

Libertà è partecipazione

Poi devi animare la tua comunità un po’ come fa il religioso con la propria. Il prete, il pastore protestante, il rabbino, l’imam. Chiunque si ponga come primus inter pares, incaricato dalle proprie comunità di tenere viva in loro la fiamma della fede, ma soprattutto di tenerle unite. Il professionista dei beni culturali deve tenere unite e vive le comunità di patrimonio. È un lavoro instancabile e costante che richiede tanto tempo e fatica. Un compito a mio avviso difficilissimo. Ma bellissimo. Perché fatto sicuramente di metodo, ma anche tanto di dialogo, empatia, entusiasmo, sensibilità, cuore.

Venerdì a Livorno ascolteremo i racconti di tante esperienze diverse, nate per finalità diverse, ma con un unico denominatore comune: sono una fusione perfetta di progettualità e di cuore.

Venite con noi, o seguite il live streaming su:

mattina: https://www.youtube.com/watch?v=sGvZ6_t2rGE
pomeriggio: https://www.youtube.com/watch?v=b4_rr5iU8TE

Il programma è questo:

Libertà è partecipazione flyer

Libertà è partecipazione flyer 2

Autore

  • Cinzia Dal Maso

    ​Tre passioni: il mondo antico, la scrittura, i viaggi. La curiosità e l’attrazione per ciò che è diverso perché lontano nello spazio, nel tempo o nel pensiero. La voglia di condividere con tanti le belle scoperte quotidiane. Condividerle attraverso la scrittura. Un solo mestiere possibile: la giornalista che racconta il passato del mondo. Scrive su temi di archeologia, comunicazione dei beni culturali, uso contemporaneo del passato, turismo culturale per i quotidiani La Repubblica e Il Sole 24 ore, e per diverse riviste italiane e straniere. Dirige il Magazine e il Journal di Archeostorie.

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