Facciamo una prova: chiudete gli occhi e pensate ad almeno tre edifici che associate alla parola “accogliente”. Quanti di voi hanno pensato a un museo accogliente? Pochi, immagino.
E non c’è da meravigliarsi. Fin dall’ingresso i nostri musei (parlo di quelli archeologici, ma sono sicuro che il discorso valga per molti altri) non sembrano particolarmente interessati a mostrare ai visitatori la loro faccia più calda e accogliente, ma al contrario esibiscono con una certa soddisfazione atteggiamenti impersonali e distaccati, da ufficio postale, come se valesse l’equazione freddezza=qualità del servizio.
E non c’è da meravigliarsi. Fin dall’ingresso i nostri musei (parlo di quelli archeologici, ma sono sicuro che il discorso valga per molti altri) non sembrano particolarmente interessati a mostrare ai visitatori la loro faccia più calda e accogliente, ma al contrario esibiscono con una certa soddisfazione atteggiamenti impersonali e distaccati, da ufficio postale, come se valesse l’equazione freddezza=qualità del servizio.
ll visitatore viene ricevuto da banconi e pareti in vetro che lo separano da chi gli fa pagare il biglietto. Sbarre, porte chiuse e percorsi obbligati gli fanno capire che, una volta dentro, non sarà concessa la libertà di aggirarsi indisturbato e senza pensieri. E poi ci sono i cartelli, fitti di divieti, norme di comportamento e scritte piccine piccine a ricordare di non distrarsi mai, perché in qualunque momento della visita potrebbero presentarsi occasioni di errore, come la tentazione subdola e perversa di parlare a voce alta, a cui il bravo visitatore dovrà resistere con tutte le sue forze, perché infrangere uno dei severissimi comandamenti costringerà il personale del museo a rimproverarlo, se non peggio (alcuni si spingono a citare articoli del Codice).
Il messaggio implicito sembra essere “Staremmo meglio senza di te, ma visto che proprio ti dobbiamo ricevere, almeno comportati come diciamo noi, perché tanto lo sappiamo che muori dalla voglia di entrare col cellulare acceso”. Per carità, in molti casi (non tutti) gli operatori dispensano anche sorrisi e gentilezza, ma è troppo poco per uscire da quel modello di gestione “impersonale” che, come ha osservato Giancarlo Dall’Ara, Presidente dell’Associazione Piccoli Musei, si sta affermando in ambito museale: “i musei appaiono tutti uguali, con le stesse procedure, servizi offerti con modalità e contenuti identici e, infine, anche una comunicazione poco personale. Tutto questo rende i musei poco caratterizzati, privi di una propria personalità e quindi non attrattivi nei confronti del pubblico”.
Massaciuccoli, un museo accogliente è un lusso per tutti
Certo, è vero che nei grandi musei, dove vanno gestite e accolte folle oceaniche di turisti a flusso continuo, o ti affidi a procedure standardizzate di accoglienza o sei morto. La cosa bizzarra è che questo tipo di approccio viene spesso adottato anche nei piccoli e piccolissimi musei (la grande maggioranza dei musei italiani), dove le cose potrebbero andare diversamente. Un piccolo museo, infatti, tra le altre cose si può concedere il lusso di offrire un’accoglienza degna di tale nome, che sia calda e metta a proprio agio i suoi ospiti.
Nella piccola area archeologica di Massaciuccoli (Massarosa, LU), questo piccolo lusso ce lo concediamo eccome: chi entra al Museo, ancora prima di essere accolto da un operatore, trova un cartello di benvenuto, in cui i colori, i sorrisi e le parole esprimono immediatamente il clima del museo: un clima caldo e rilassato. Lo scopo non è semplicemente fare una lista di tutto ciò che si può fare all’interno, ma soprattutto far sentire il visitatore desiderato e atteso.
Nella piccola area archeologica di Massaciuccoli (Massarosa, LU), questo piccolo lusso ce lo concediamo eccome: chi entra al Museo, ancora prima di essere accolto da un operatore, trova un cartello di benvenuto, in cui i colori, i sorrisi e le parole esprimono immediatamente il clima del museo: un clima caldo e rilassato. Lo scopo non è semplicemente fare una lista di tutto ciò che si può fare all’interno, ma soprattutto far sentire il visitatore desiderato e atteso.
Insomma, al di là del numero dei visitatori, tutti i musei dovrebbero evitare di riempire i propri spazi di divieti, ma piuttosto cercare di educare e responsabilizzare i propri ospiti. I divieti allontanano e contribuiscono ad alimentare atteggiamenti di sfiducia e ostilità, soprattutto da parte di chi, nei luoghi di cultura, entra poco e malvolentieri, avvicinandoci al giorno in cui nei musei entreranno solo gli appassionati o gli addetti ai lavori. E questo sì è un lusso che i musei di oggi non possono davvero permettersi.
* Questo post, come il pannello dei “Diritti del visitatore”, non sarebbe mai nato senza l’aiuto e le idee di un’altra archeologa, Mariela Quartararo.
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