Quest’anno a Paestum si sono celebrati i 50 anni dalla scoperta della famosissima Tomba del Tuffatore. Famosa perché splendida ed enigmatica.
Una bella mostra curata dal direttore del Parco archeologico di Paestum Gabriel Zuchtriegel ci ha spiegato i suoi molti possibili sensi, e quanto le varie interpretazioni sono legate ai nostri diversi punti di vista.
Così noi di Archeostorie proviamo a usare il Tuffatore a modo nostro, come metafora del tuffarsi nella vita, anziché nell’aldilà: immergersi totalmente e con coraggio, cogliere la vita a piene mani, affrontare a testa alta tutto quel che accadrà.
Col racconto del Tuffatore della nostra Giorgia Cappelletti, auguriamo ai nostri lettori un tuffo nel nuovo anno grandioso e colmo di ottimismo.
Auguri sinceri per un 2019 magnifico a tutti voi.
Il Tuffatore
Volo. O forse no?
Ho lasciato terra ma non tocco acqua. Cado ma non precipito. Non sono più uomo, non sono uccello né pesce.
Quando ho spiccato il salto? Un attimo fa, un anno… E’ strano e crudele il tempo: la mia vita è stata un batter d’ali rispetto a questo istante immenso.
Una goccia di resina fresca: sgorga, corre sul tronco, cola più densa, si ferma. Ed eccomi qui, il Tuffatore, povero insetto congelato nell’ambra per l’eternità.
Ma sono vivo, sì, sono vivo. O forse no?
Non sento l’aria sulla pelle. Non temo lo schiaffo freddo dell’acqua. Quante volte mi sono tuffato? So nuotare? Non ricordo. La voce di mia madre, la musica dei banchetti, il sapore del vino, le sfide dell’amore: tutto si allontana, sfuma…
Non provo paura ma pace. Il mare mi chiama. Ho scelto io di raggiungerlo.
Avrei potuto lottare, certo; lottare, perdere e cadere come un sasso nelle acque agitate. Ho preferito andare incontro al mio destino con un ultimo tuffo, il più elegante.
Non sono mai stato così vivo.
Chiudo gli occhi. Questa è la fine.
O forse no?
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