Svecchiare gli studi classici e rifondare il loro ruolo nella società: un Manifesto

22 Aprile 2021
L'iniziativa Ad Litteras Restituendas vuole diffondere gli studi classici come presupposto di libertà e lotta a discriminazioni e violenze

Un Manifesto e un Protocollo d’Intesa per rinnovare gli studi umanistici conservando al tempo stesso il patrimonio del passato. È l’iniziativa Ad Litteras Restituendas, promossa dall’Istituto Italiano di Studi Classici e da GrecoLatinoVivo, due istituzioni che insegnano le lingue antiche tramite metodo diretto, cioè facendo parlare gli studenti in latino e greco. Così da “farli entrare in contatto ravvicinato con il pensiero antico, promuovendo un ideale di classico aperto al moderno e alle altre culture”, racconta ad Archeostorie Alessandro Agus, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Studi Classici.

Ma partiamo dal nome: cosa significa Ad Litteras Restituendas?

Restituere in latino vuol dire restaurare, togliere la polvere, riedificare dalle vecchie macerie, sottrarre al declino e alle rovine. Vogliamo riformare l’antico splendore delle Lettere, cioè della concezione umanistica della vita, una concezione nobile e totalizzante dell’umanità.

In che modo?

Rinnovando le istituzioni che si occupano di conservare il classico attraverso metodologie umanistiche. Il nostro Manifesto serve a prendere le distanze da chi fa un uso ingannevole della cultura classica. Il Protocollo promuove una rete internazionale a difesa degli studi umanistici e per la promozione di un rinnovamento didattico.

Come è nata l’idea?

Ci ha spinti una crisi di cui l’umanità prima d’ora non aveva mai fatto esperienza: la frattura tra il mondo letterario, filosofico, artistico e quello tecnico-scientifico. Questa frattura è illusoria. Nell’antica Grecia c’era uno sviluppo omogeneo e armonico dei saperi.

Qual è il rischio di vivere in questa frattura?

Oggi c’è una tendenza a credere che la tecnica sia una potenza sovrana capace di risolvere ogni nostro problema e garantirci da sola la felicità. Si rischia di abbrutire la libertà e la creatività degli esseri umani, omologandoli e rendendoli semplici consumatori di prodotti tecnici. Solo la creatività genera progresso. Un progresso non solo materiale, ma anche intellettuale, morale, culturale, civile, sociale.

Si dovrebbe quindi conciliare lo studio del passato con l’evoluzione della tecnica?

Certo! Noi siamo convinti che il classico non sia opposto al moderno. Non dobbiamo tornare al classico perché ci fa paura la modernità o perché vogliamo conservare un’identità tradizionale. Dobbiamo preservare le conquiste storiche della modernità: l’ampliamento dei diritti e del benessere materiale.

Qual è il vostro ideale di classico?

Il classico non è il contrario del moderno, ma è l’opposto della barbarie. È sinonimo di libertà.

Il presupposto è il rifiuto di ogni tipo di discriminazione. Sosteniamo una formazione classica che non è paradigma esclusivamente europeo: ogni civiltà ha un proprio classico. Ciascun classico ha un contenuto fondamentale e comune, che è la difesa della libertà e della nobiltà degli esseri umani contro ogni tipo di discriminazione, abbrutimento, sopraffazione, violenza. Così lo studio del classico diventa un modo per preservare anche l’incontro con le altre civiltà con cui conviviamo.

Quali attività vuole organizzare come Ad Litteras Restituendas?

Nella seconda parte del 2021, quando speriamo che la scienza ci avrà liberato da questo terribile virus, Ad Litteras Restituendas proporrà eventi per un pubblico vario, di tutte le età e condizioni, fatto sia di appassionati che di specialisti. Stiamo progettando congressi, convegni, giornate di studio e approfondimento, corsi, occasioni di incontro e di riflessione con le persone. Ancora non c’è un calendario concreto di eventi, vista la situazione. C’è però l’idea, la struttura di base, la volontà ferrea e indefettibile che resiste.

E come spiega Alessandro Agus, questa resistenza non è solo un’opposizione negativa ma è anche, e soprattutto, una volontà propositiva. La volontà di lasciare un segno per raccogliere un’eredità dal passato e tramandarla a chi verrà dopo di noi. Non a caso uno dei motti preferiti dell’Istituto Italiano di Studi Classici è Faciamus ampliora quae accepimus; maior ista hereditas a me ad posteros transeat, cioè “ampliamo il patrimonio ricevuto; quest’eredità passi accresciuta da me ai posteri” (Seneca, Epistulae ad Lucilium, 7,64).

 

Autore

  • Giulia Tommasi

    Scrittura, filologia e comunicazione sono le passioni che animano le sue giornate. Al confine tra il mondo antico e il moderno, alla ricerca di ciò che caratterizza l’uomo al di là del tempo e dello spazio. Nelle pagine dei maestri del passato trova le risposte alle sue domande più profonde, e nella tecnologia coglie l’opportunità di condividerle. Mentre è iscritta al corso di laurea magistrale in Filologia classica all’università La Sapienza, approfondisce la sua conoscenza della comunicazione e del marketing digitale. Collabora con magazine online e quotidiani.

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