Chi ha studiato una lingua straniera, antica o contemporanea, lo sa: i cosiddetti ‘falsi amici’ traggono in inganno. Si tratta di parole che, in due lingue, vengono scritte o pronunciate in maniera molto simile, ma che hanno invece significati decisamente differenti.
Anche il termine greco skyphos – da leggere ‘schifos’ – deriso bonariamente da generazioni di studenti, rappresenta uno di questi ‘falsi amici’. Ma di cosa si tratta?
Lo skyphos, cos’è
Quando si parla di skyphos si intende un vaso di tradizione greca utilizzato per bere il vino. In particolare, si tratta di una coppa piuttosto profonda, generalmente realizzata in ceramica e più raramente in metallo, con due piccole anse orizzontali collocate appena sotto l’orlo.
Quando dunque sulla didascalia di un museo leggete questo termine, quella che avete di fronte è in pratica una grossa tazza con due manici.
Nei nostri musei archeologici sono esposti moltissimi skyphoi, dei periodi più diversi. Le datazioni vanno dall’epoca protogeometrica, con vasi realizzati quindi oltre 1000 anni prima della nascita di Cristo, all’epoca romana.
Ma dove esattamente sono state rinvenute queste coppe? E da dove vengono gli skyphoi più preziosi conservati nei musei? E perché è interessante parlarne oggi?
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