Federico Florindo creatore di racconti visuali

27 Luglio 2020
Un designer archeologo convinto che un maggior dialogo tra le due discipline gioverebbe a entrambe. Intervista a Federico Florindo

“Grafica, design e patrimonio culturale corrono spesso su binari paralleli, ma sono mondi diversi solo in apparenza”. Parola di Federico Florindo, archeologo che lavora come designer, convinto che comunicazione visiva e beni culturali abbiano molto in comune. “Innanzitutto, l’obiettivo: raccontare le storie di persone, luoghi e oggetti. Sono due mondi che potrebbero dialogare più e meglio di quanto hanno fatto finora”. Ma come esattamente? Glielo abbiamo chiesto.

Federico, quali caratteristiche dovrebbe avere una buona grafica per il patrimonio culturale?

Deve seguire i principi generali di una buona narrazione visiva e deve essere frutto di un dialogo autentico tra le varie professionalità coinvolte. La grafica non dovrebbe essere percepita come un accessorio esteriore, ma come un elemento ben radicato, un pensiero che parte da dentro il progetto e di cui l’aspetto esteriore è solo una conseguenza quasi inevitabile.

La grafica, poi, non dovrebbe essere invasiva, ma capace di una narrazione trasparente e silenziosa, che faccia emergere le storie di luoghi e oggetti. Un po’ come la copertina di un libro che lascia spazio all’immaginazione, invece che una troppo piena e quasi ‘urlata’, che porta il lettore a venirne sopraffatto piuttosto che catturato.

Come dovrebbero dialogare, dunque, i diversi professionisti che si occupano di beni culturali?

Mi auguro innanzitutto che un dialogo ci sia! Da designer, vedo che il mondo della comunicazione visiva e quello della ricerca storico-archeologica corrono spesso su binari paralleli, e infatti alcune scelte di comunicazione per il patrimonio culturale non sono state molto felici. Per chi gestisce il patrimonio, è sicuramente complicato trasmettere la propria visione a chi si occupa di comunicazione. Perciò credo che si debbano creare delle figure intermedie capaci di fare da ponte tra questi mondi solo apparentemente diversi. Entrambe le parti, poi, dovrebbero sforzarsi di capire il campo dell’altro senza prevaricarlo. Dovrebbero sapersi ascoltare.

Raccontaci il tuo ultimo progetto grafico per il Parco archeologico culturale di Tuscolo.

Il Parco di Tuscolo doveva rinnovare il materiale cartaceo destinato al pubblico, quello che un visitatore riceve al suo ingresso. Ho realizzato un coordinato grafico che comprende due pieghevoli narrativi: uno più generale dedicato al Parco come ambiente, che rappresenta l’intera area di visita e la viabilità, e l’altro di taglio storico-archeologico che racconta l’area monumentale. Entrambi hanno la stessa struttura grafica e sono accompagnati da una cartografia illustrata. Ho poi disegnato i biglietti d’ingresso in quattro serie, un volantino informativo e la TuscoloCard, una card annuale per i visitatori che è una novità per il Parco.

Whittredge Tusculum

Worthington Whittredge, The Amphitheatre of Tusculum and Albano Mountains, 1860. Smithsonian American Art Museum

Quali sono stati i passaggi fondamentali nella progettazione?

Per prima cosa, la creazione della palette di colori. Li ho scelti partendo dalla campionatura di alcuni toni caldi usati dal pittore Thomas Worthington Whittredge nel suo dipinto The Amphitheatre of Tusculum and Albano Mountains (1860) che rappresenta il teatro di Tuscolo e il paesaggio circostante immersi nella luce del pomeriggio avanzato. Questi colori sono stati poi calibrati sul campo con l’osservazione del Parco in momenti diversi della giornata.

Poi ho scelto una famiglia di caratteri tipografici, la Monterchi della foundry italiana Zetafonts, molto calzante perché è dedicata alla riscoperta delle maiuscole romane in età rinascimentale: il sito di Tuscolo è ricco di iscrizioni, e si è creato così un dialogo tra questi caratteri e la natura archeologica del luogo.

Per finire, ho lavorato alla parte di cartografia illustrata per i pieghevoli narrativi. Ho realizzato alcune illustrazioni di luoghi-simbolo del Parco e due grandi cartografie: hanno richiesto molto tempo, ed è stata una sfida coniugare la rappresentazione illustrata del dato archeologico, quanto più possibile fedele, precisa e leggibile, alla componente più creativa.

Quali linee guida hai seguito?

Volevo creare un progetto che fosse in armonia con l’ambiente naturale e archeologico, d’accordo con la direzione del Parco. Quindi ho optato per una struttura grafica essenziale e ariosa: questi materiali sono pensati per essere letti durante la visita, mentre si passeggia, e volevo perciò che fossero silenziosi rispetto all’ambiente. Anche i colori, scelti a partire dal paesaggio tuscolano, si fondono con l’ambiente fin quasi a scomparire. L’obiettivo è offrire al visitatore un’esperienza il più possibile armonica, che lasci spazio alla storia, al paesaggio e alla ricchezza di significato del luogo.

Questa idea pervade ogni dettaglio. Anche i biglietti d’ingresso, che spesso sono un oggetto freddo e di servizio, sono stati pensati per dare al visitatore un valore aggiunto: sono diventati uno spazio narrativo e riportano i pensieri di personaggi che si sono recati a Tuscolo. Una piccola sorpresa per i visitatori di oggi.

Florindo Tuscolo Mockup

Mockup del pieghevole storico-archeologico. Copy: Federico Florindo, Parco Archeologico Culturale di Tuscolo

Ti definisci un “creatore di racconti visuali”: cosa vuol dire?

Utilizzo il design grafico e l’illustrazione in senso narrativo: racconto le storie che ci sono dietro le attività, le persone, i luoghi. Per me il design deve raccontare, comunicare andando in profondità.

Lavoro anche sull’identità visiva, cioè quell’insieme di componenti grafiche che trasmettono al pubblico l’identità di un’azienda o di un progetto, come il logo, che è parte di un sistema di brand identity in cui è cruciale la componente narrativa.

Parlaci del tuo percorso di formazione.

Mi ha guidato l’interesse per l’antropologia: lo studio dell’esperienza umana, di come gli uomini interagiscono con gli ambienti, con gli oggetti. Sono laureato in Scienze archeologiche alla Sapienza di Roma, dove mi sono specializzato in preistoria e protostoria. Nella mia tesi di laurea ho parlato di iconografia, per la mia passione per la cultura visuale anche nell’antichità. Ora sto completando il corso di laurea magistrale in Archeologia.

Come sei arrivato a occuparti di grafica e design?

La grafica mi ha sempre appassionato e ho cominciato da giovanissimo a sperimentare con i primi software. Dopo la laurea ho collaborato per un anno con un’azienda che si occupa di design d’interni, e poi ho iniziato a lavorare come designer indipendente. Ho avuto la fortuna di conoscere bravi progettisti grafici e di ‘rubare’ un po’ del loro mestiere, osservandoli e parlando con loro. Ora mi tengo aggiornato con corsi e conferenze, e studio sui libri il lavoro dei grandi grafici e designer di ieri e di oggi.

Florindo Tuscolo Cartografia

Dettaglio della cartografia illustrata sul pieghevole storico-archeologico. Copy: Federico Florindo, Parco Archeologico Culturale di Tuscolo

Raccontaci il passo dall’archeologia al design: lo vedi come continuità o rottura?

È un passaggio di forte continuità: nel mondo della progettazione vedo l’applicazione dello studio sulle relazioni tra uomo e cultura materiale tipico dell’archeologia. Proprio questi legami sono il cuore della mia passione che per l’archeologia sia per l’approccio narrativo al design.

Esprimi un desiderio per il mondo culturale di domani.

Comunicare con più persone possibili, unendo cultura e ricerca alla vita di tutti i giorni. Solo così riusciremo a comprendere meglio tante criticità del mondo in cui viviamo, ad affrontarle con strumenti migliori e soprattutto con maggiore speranza. Credo che il mondo della cultura sia una grande fonte di speranza per le persone e le comunità.

E un consiglio a un aspirante professionista dei beni culturali.

Mantenere un orizzonte ampio di interessi, avere sempre un occhio aperto su quello che succede nelle altre discipline e nel mondo: è consiglio che è stato dato a me e che mi ha aiutato molto. È fondamentale custodire spazi di incontro tra discipline diverse, perché solo dall’incontro può nascere un dialogo fruttuoso.

Autore

  • Giulia Corengia

    Archeologa e cacciatrice di storie. Laureata in Lettere classiche e Archeologia all’Università degli Studi di Milano, un corso di alta formazione in editoria d’arte presso il museo Maxxi di Roma, due passioni: l’antico e le parole. Si occupa di scrittura ed editing, con particolare interesse per la divulgazione culturale. Ama immergersi nella bellezza del passato per respirare a pieni polmoni il presente.

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