La computer grafica spiegata agli archeologi

22 Settembre 2016
Continua il viaggio inaspettato tra i segreti dello storytelling digitale: stavolta affronteremo la computer grafica. Siamo soli, sulle orme di Dio...

Solo, sulle orme di Dio…

​Ed eccoci di nuovo qui. Freschi e riposati, pronti a riprendere il cammino. Molti mugugnano, ci siamo fermati anche troppo. Forza allora, zaini in spalla e via!
post produzione, computer grafica

Valle della Produzione

“Dove credete di andare adesso?”
È la nostra guida, Indy, pronta a fermare i nostri slanci sul nascere.
​“Non è ancora il momento. Con la Produzione non si scherza. Se aver onorato la divina Sostenibilità ci ha tenuto al sicuro dai rischi della Preproduzione, qui sul Passo aleggia invece lo spirito della Concretezza. Guai a inoltrarsi sui suoi sentieri trascurandone i comandamenti!”
Ci guarda negli occhi e poi, facendo pochi passi verso il sentiero che si inerpica sinuoso, scosta con le mani un fitto cespuglio. Subito ci sembra di vedere qualcosa. Dietro il cespuglio appare una parete di roccia, sembra quasi …
… sì, ancora una volta un’iscrizione! Ve la ricordate quella della valle della Preproduzione? Beh, questa volta è intatta, e la scrittura è chiara ed elegante. La lingua è straniera, ma il testo è facilmente comprensibile:

ONLY BUILD WHAT YOU CAN SEE

KNOW YOUR FINAL OUTPUT

IF IT LOOKS RIGHT, IT PROBABLY IS1


​“Modellare e animare richiedono regole precise; se non ce lo mettiamo in testa saranno dolori”. Con un cenno della mano Indy ci invita a sederci, poi guardando la parete di roccia e sfiorandola con le dita, inizia a decifrare il messaggio:

La prima regola, spiegata agli esseri umani, suonerebbe più o meno così: qui esiste solo quello che verrà ripreso dalla camera nelle diverse scene; dietro non c’è nulla.

Ma a noi archeologi, potrebbe essere riassunta più o meno così: non è necessariamente detto che si debba modellare tutta quella città che avete meticolosamente scavato nel corso di 20 anni di carriera e studiato fino a conoscere l’ordine esatto con cui sono state posate tutte le sacre pietre di ogni benedetto muro di ogni singola fase dal settimo secolo avanti Cristo al secondo dopoguerra.
Computer grafica, swipe story

Non c’è niente, nemmeno il soffitto! 


​La seconda regola, per gli umani: chiedetevi se al vostro lavoro serve molto dettaglio o poco dettaglio. E magari chiedetevelo PRIMA di cominciare.
… e per gli archeologi: No, quelle piante CAD con precisione al decimo di millimetro qui non servono. No, nemmeno il modello 3D fatto con il laser scanner del pesetto da telaio. Lasciate stare le foto dei reperti a 18 megapixel e anche il database dello scavo. Non servono neanche quelli. E neppure le riprese dall’alto col drone, o il modello digitale del terreno, o la structure from motion o la fotomodellazione.
hdready, computer grafica

HD ready; una risoluzione accettabile per chi non possiede un supercomputer. 


​E infine la terza, per esseri umani: se funziona, funziona.
E ancora una volta, tradotta per archeologi: ciccia se non è perfetto e se quel dettaglio così caratteristico su cui hai scritto un capitolo della tua tesi di specializzazione proprio non ci vuole stare nell’inquadratura … Se la vostra storia regge, il pubblico penserà solo a quella. Se i vostri personaggi sono simpatici e divertenti, nessuno, dico nessuno, noterà che quella kylix è davvero un po’ troppo alta o quel peso da telaio un po’ troppo sinuoso per essere vero”.
Computer grafica, pesi da telaio, swipe story

DAD ha decisamente qualche ruga di troppo …


​Ma come? Niente globalità? Niente complessità? Niente tecnologie avanzate? Niente precisione millimetrica? Ci hanno insegnato per anni che le tecnologie dovevano servire a questo, e ora la nostra guida, il nostro maestro, il nostro mito ci spiega che nulla di tutto questo serve?

Indy coglie perfettamente il nostro disappunto:
“Ve lo avevo detto all’inizio di questo viaggio: lasciate tutto prima di partire. Tecnologia, globalità e approccio multidisciplinare sono conquiste dell’archeologia, ma su quest’isola non servono proprio”.

E ci lascia così, delusi e contrariati.

Autore

  • Giuliano De Felice

    Archeologo, certo. A essere precisi, ricercatore universitario. Che dopo essersi sentito domandare per la millesima volta “Bello, che cosa hai scoperto oggi?”, inizia a capire alcune cose: per esempio che l’archeologia, quella vera, archeologi a parte, non la conosce nessuno; ma anche che irritarsi non vale, perché quella domanda rivela un vero desiderio di conoscenza. E allora l’archeologia prova a raccontarla: usando parole ma anche immagini, video, suoni e animazioni. Quello che oggi chiamiamo multimediale, ma che in fondo è da sempre semplicemente fantasia.

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