Ritrovamenti con il metal detector: no alla caccia di tesori, sì alla legalità

28 Febbraio 2017
Metal Detector Responsabile. Che cos'è? Un hobby che sta diventando un modello di archeologia pubblica, un aiuto prezioso alle istituzioni

A.D. 2011 – Nord Vestfalia vicino Xanten, antica ubicazione di Castra Vetera

È il pomeriggio di una lunga giornata autunnale. Il clima è secco, un po’ freddo: non piove da due settimane. Sono tre ore che spazzolo un campo arato, si intravede ancora seminterrata qualche grossa patata bianca. Il sole sta calando e finora ho trovato una moneta napoleonica, due ditali medievali, una manciata di bottoni e due chili di spazzatura metallica, oltre a qualche dannata scheggia di mortaio che suona sempre così maledettamente bene!
metal detecting responsabile - foto Edoardo Meacci

Metal detecting nei campi. foto © Edoardo Meacci

Brandeggio il mio metal detector a destra e sinistra, con una lenta e costante oscillazione nella speranza di un bel segnale, un tono chiaro, netto, alto in frequenza e stabile. Ed ecco che, al margine di un profondo solco di aratura, il mio metal emette un bel 87 di VDI (Visual Display Indicator), profondità approssimativa 20 cm. Il terreno è farinoso, per scavare basta il mio coltello da metal detecting; poi il mio pinpointer indicherà con precisione la posizione dell’oggetto. Spero sia qualcosa d’interessante per concludere bene la giornata!

Scavo con calma e delicatezza, il pinpointer inizia a vibrare più nervoso… sono vicino ed ecco apparire un archetto di metallo coperto da una patina di un verde intenso… è una ‘fibula ad arco’ di circa 7/8 cm di lunghezza, d’epoca presumibilmente romana. Bel pezzo! Peccato non sia completa perché manca l’ardiglione. La pulisco con un pennellino e inizio il mio rituale: estraggo la macchina fotografica, faccio qualche scatto con a fianco una piccola scala graduata e una freccia a nord; prendo il Gps e marco la posizione; la ripongo in una delle mie bustine trasparenti e riporto con un pennarello la data, l’ora e il numero del marker appena inserito dal navigatore. Ancora una volta un bel target che sfugge alle prossime arature e agli aggressivi chimici, e presto sarà visionato, insieme a tutti gli altri ritrovamenti, dagli archeologi di Xanten.

Torno a casa che è quasi buio; una cena calda, e poi la compilazione delle schede per la Soprintendenza, lo scarico dei dati del Gps e la pulizia del mio fidato strumento di ricerca. È stata una bella giornata.

Cosa vuol dire usare il metal detector in modo responsabile

Sono un ‘detectorista per passione’; è il mio hobby e guai a chi mi ‘scambia’ per un tombarolo o per un cosiddetto Treasures Hunter o predatore dell’arca perduta. Sono uno dei tanti che oggi praticano il Metal Detecting Responsabile, ampiamente diffuso negli ultimi due decenni anche nel nostro paese. E benché in passato il comportamento illecito di alcuni ‘praticanti’ abbia deformato la visione di questo passatempo, oggi molti appassionati hanno iniziato a praticarlo in maniera totalmente ‘responsabile’.

Cosa significa? La nuova pratica è il frutto della crescente consapevolezza sociale dell’importanza di tutelare il patrimonio storico-archeologico ancora nascosto nel sottosuolo. Di per sé, il metal detecting responsabile non è la ricerca intenzionale di materiale archeologico, ma è l’espressione di una passione matura e cosciente per il ritrovamento di qualsiasi oggetto ferromagnetico che sia stato perduto e ora giace nei primi 30/35 cm del terreno, perché tale è realisticamente il raggio d’azione del metal detector. Deve essere praticato ben lontano da aree off-limits (archeologiche, monumentali o comunque dichiarate d’interesse) e al di fuori di aree ricche di evidenze di antropizzazione storica, per non incorrere nella ricerca archeologica non autorizzata o in “opere per il ritrovamento di cose indicate all’articolo 10” (D.Lgs. 42/2004, art. 175) che sicuramente, qualora compiute consapevolmente, sottendono una chiara e premeditata volontà di agire illegalmente.

Il detectorista responsabile si attiene a procedure standardizzate, obbedisce al Codice del metal detecting, e mira alla massima trasparenza e collaborazione con le istituzioni. Non è una pratica che si svolge nell’oscurità con il fine di depredare ciò che di valore si potrebbe rinvenire, per poi eventualmente rivenderlo su e-bay o inserirlo in qualche più complesso e articolato circuito illegale.

È chiaro, a ogni modo, che nel ripulire i terreni da tanta spazzatura metallica, il detectorista può incorrere nel ritrovamento fortuito di oggetti d’interesse archeologico anche rilevante, che potrebbero rappresentare un tassello del grande puzzle della storia. È qui che subentra il senso di responsabilità, la volontà di segnalare quanto si è trovato alle autorità (attraverso la denuncia di ritrovamento entro le 24 ore, come previsto dalla legge) e condividere la scoperta fortuita con gli organismi e le persone in grado di valutarla e valorizzarla: le soprintendenze e gli archeologi.

Praticare il metal detecting responsabile significa, quindi, aver compreso l’importanza di preservare qualsiasi oggetto o contesto che possa donarci cultura e insegnamento, nel rispetto delle leggi e delle discipline scientifiche. Applicare metodologie non invasive e adottare procedure che possano fornire il maggior numero di dettagli circa il ritrovamento. È in definitiva una raccolta d’informazioni che può condurre anche alla mappatura di nuove aree, e allo studio di contesti di cui non si aveva né certezza né conoscenza.

Com’è organizzato

Grazie a questo nuovo approccio, in paesi come l’Inghilterra, la Germania, la Danimarca o il Belgio, la collaborazione tra detectoristi e archeologi si sta evolvendo verso un connubio di mutuo supporto che, pur preservando le sfere di competenza, mira a individuare e realizzare sinergie. Per esempio, sono stati realizzati database e piattaforme pubbliche dedicati alla catalogazione dei ritrovamenti (vedasi l’operato inglese del Portable Antiquities Scheme – a cui Archeostorie ha già dedicato una bella storia – o quello belga attraverso il progetto MEDEA della Libera Università di Bruxelles), così che molte scoperte fortuite (a costo zero) hanno fornito preziose informazioni storico-archeologiche che, completate da analisi professionali (spesso più costosi e complessi), stanno apportando un notevole valore aggiunto.

La mia esperienza in Germania mi ha insegnato, peraltro, che la presenza del detectorista può tradursi anche in un incremento e supporto alla tutela sia dei beni culturali che del territorio. Il compito delle autorità in tal senso è complesso e gravoso, sia in termini di management che di risorse finanziarie. Di fatto, dunque, il costante intervento dei detectoristi può incrementare il controllo del territorio, rendendo possibile non solo l’individuazione e la segnalazione di scavi clandestini, di tombaroli o di altre attività illecite contro i beni dello Stato, ma anche di altre emergenze come l’interramento o dispersione di rifiuti tossici, il bracconaggio, il rinvenimento di ordigni inesplosi.

Educazione al patrimonio

Sappiamo bene che lo scenario attuale è più eterogeneo, e il Metal Detecting Responsabile non è ancora ‘amato’ da tutti i metal detectoristi. C’è ancora chi delinque (ma ci sarà sempre), però c’è anche chi non cammina alla luce del sole per timore di essere ‘ripreso’ per aver rinvenuto, per esempio, un mezzo sesterzio malridotto, quasi irriconoscibile, e non averlo denunciato in tempo. Così magari decide di gettarlo in un canale o persino risotterrarlo. Perché non dovrebbe poterlo portare, a cuor leggero e a testa alta, all’antiquarium locale o alla soprintendenza per l’opportuna schedatura, e magari essere poi autorizzato a tenerlo?

Leggi anche: I successi del nostro Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale in mostra a Montecitorio

Quello che sto prospettando è un processo educativo non da poco, e i suoi frutti iniziano già a vedersi. In Europa è nato lo European Council for Metal Detecting (ECMD) e in Italia la Federazione italiana Metal Detecting. Entrambi mirano a divulgare il metal detecting responsabile; fornire informazioni su come, dove e quando può essere praticato questo hobby; individuare forme di collaborazione e sinergie tra i diversi attori statali e non, accademici e amatoriali, nazionali e internazionali. È un percorso difficile perché ostacolato da barriere culturali e preconcetti che, probabilmente, trovano origine nella difficile opera di combattere quanto di realmente illegale persiste. Ciò tuttavia non andrebbe confuso con chi, al contrario, desidererebbe cooperare e rendersi partecipe della salvaguardia di ciò che appartiene anche a lui in quanto detectorista responsabile ma, innanzitutto, cittadino.

Concludo la mia archeostoria con un piccolo ‘sogno’ ispiratomi dalla lettura di un reportage sull’alluvione che ha colpito il golfo di Baratti nell’autunno 2015. Un sogno che corrisponde, in realtà, a quanto all’estero esiste già da tempo:

A.D. 2015 – Leggo sul Tirreno di Grosseto della catastrofe accaduta a Baratti, e della devastazione delle aree archeologiche con perdita a mare di reperti trascinati via dalle piogge torrenziali. Sono costernato e mi chiedo se posso fare qualcosa da privato cittadino e detectorista responsabile. Ne discuto con un amico sorseggiando un caffè sul lungomare di Castiglione, e lì ci viene in mente ‘il cosa e il come’! Abbiamo metal detector subacquei e non, e possiamo chiamare almeno altri 15 detectoristi della zona. Si! Offriremo il nostro supporto al responsabile dell’area per setacciare spiagge e fondo marino alla ricerca di ogni pagliuzza metallica strappata dall’alluvione alla terraferma. Non credo che la Soprintendenza possegga questa forza d’intervento, e una ricerca sistematica ci permetterà di recuperare il salvabile e impedire che nei prossimi giorni e mesi tutto vada perso tra i flutti o in mano a qualche scellerato saccheggiatore.

Mi auguro veramente che, prima o poi, qualcuno accetti questa preziosa opportunità di collaborazione, spontanea e sentita, per tutelare il nostro prezioso patrimonio storico. Non costerà nulla e a noi, come sempre, basterà un sorriso, una pacca sulle spalle, e rivedere poi ciò che abbiamo trovato in una piccola teca museale, sapendo che l’abbiamo salvato noi.

Foto di copertina © mdclubitalia.it

Autore

  • Edoardo Meacci

    Tenente Colonnello dell’Aeronautica Militare, Presidente dello European Council for Metal Detecting e Vice Presidente della FIMD. La sua passione è ‘scavare qualsiasi stratigrafia cognitiva’ che possa accrescere le sue conoscenze. Il metal detecting è una forma di ricerca che alimenta la curiosità, la fantasia e anche l’introspezione, stimoli essenziali per studiare, cogliere e imparare da quanto ci è stato lasciato dai nostri antenati. Legge e ‘naviga’ molto, scrive e si propone, bussando timidamente, per collaborazioni sul campo sperando di far comprendere e apprezzare il Responsible Metal Detecting. Nel quotidiano si occupa di cibernetica e spazio, ed è amorosamente accompagnato da sua moglie e dalle sue due figlie che... ‘odiano’ spazzolare ;-). Ha anche scritto un libro per far conoscere a tutti il suo hobby e le norme da rispettare nel praticarlo: Il metal detecting amatoriale.

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8 Commenti

  1. Marcello Pallante

    Grande Edoardo Una bella e gradita descrizione di chi siamo e cosa possiamo fare per i Nostri Beni Culturali,speriamo che qualcuno al Governo capisca la Nostra Importanza.

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  2. Arturo Giovanni Rollo

    Buonasera, scrivo dall’ estero. Vorrei abbracciare questa disciplina (metal detecting) una volta che mi ritirerò nel Salento, mia Terra natia. Mi appasiona l’Archeologia. Grato se potessi essere messo al corrente su iscrizione a Club di competenza territoriale. Grazie. Saluti da Bangui. Arturo Rollo

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  3. Vittorio

    Tutto questo è inaccettabile. Il ritrovamento raccontato si configura come scavo clandestino, è come una grave perdita di informazioni del nostro patrimonio storico.

    Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, D. Lgs. 42/2004 è piuttosto chiaro in tal senso nella sezione I del Capo VI – Ritrovamenti e scoperte (Parte II, Titolo I), a proposito di “Ricerche e rinvenimenti fortuiti nell’ambito del territorio nazionale”. Innanzitutto, riassumendo brevemente, secondo la legge italiana le ricerche archeologiche si svolgono solo ed esclusivamente su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali; qualsiasi altro caso è a tutti gli effetti uno scavo clandestino, non autorizzato e quindi da perseguire, sia che sia perpetrato in area vincolata sia che sia fatto in area non vincolata: l’articolo 175 comma 1, lettera a del Codice prevede l’arresto fino a un anno e un’ammenda fino a 3099 euro.

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    • retro

      Ma infatti nel nostro paese l’attività non è contemplata, mentre in altri paesi non solo è legale, ma i metal detectorist agiscono in accordo con gli archeologi. dipende sempre tutto da come si affrontano le cose. noi abbiamo ospitato questo articolo per dimostrare che costruire accordi legali a beneficio di tutti, si può

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      • Vittorio

        Cinzia dal Maso mi sembra che l’articolo, a prescindere dalla legalità di ricerca in altri paesi, inviti ad un “uso responsabile” che non solo non è contemplato nel codice ma è anche estremamente dannoso per il nostro patrimonio. Un conto è l’uso di metal detector in accordo e sotto la supervisione di archeologi, altra cosa, e gravissima se fatto in Italia, è la ricerca di reperti, lo scavo, anche se con conseguenti fotografie e documentazioni, proprio perché effettuati in regime di illegalità, proprio perché il ritrovamento non sarà più fortuito ma voluto e si configurerà una diretta manomissione di un contesto stratigrafico ad opera di un dilettante. Basta trovare il funzionario giusto e poi lo fanno piangere davvero il signore.

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  4. Edoardo Meacci

    Egregio Vittorio, una lettura leggermente più attenta Le avrebbe suggerito che il ritrovamento da Lei definito come: “Il ritrovamento raccontato si configura come scavo clandestino, è come una grave perdita di informazioni del nostro patrimonio storico.” (frase riportata anche oggi tale e quale nel gruppo FB del MiC News) è avvenuto in Germania e per la precisione sotto l’autorizzazione e in collaborazione con la soprintendenza di Xanten (nord vestfalia) e peraltro in un campo di patate dove le attività arative (come la soprintendenza tedesca ben sa) sono da decenni che hanno distrutto ogni stratificazione nei primi 50 cm. Independentemente dalle leggi che non vietano l’uso del metal detector ma la ricerca archologica non autorizzata, ciò che intendevo trasmettere attraveso l’articolo è che attraverso una collaborazione, una fiducia e approcci inovativi, è possibile raggiungere sinergie che spesso da noi non si vogliono vedere, mentre altri ne fanno un’opportunità. E’ chiaro che in alcuni casi non è possibile fare paragoni tra Italia ed estero, ma Le assicuro che le leggi estere sono simili alla nostra: no metal detecting in aree archeologiche o monumentali. Ciò che avviene all’estero, ma è stato anche sottolineato da convenzioni europee (Faro, ad esempio), è che la cultura non è di pochi ma di tutti e che tutti dovrebbero poter partecipare alla sua valorizzazione e tutela. Termini come Open Archaelolgy o Citizen Scientist sono già in uso da anni e oggetto di numerosi studi e approcci e quello che ho definito quale detecorista responsabile non è altro colui che intende collaborare per passione, fornendo il proprio ausilio (senza invadere le competenze altrui) e il risultato della propria ricerca generica (non archeologica intenzionale – propria dei “tombaroli” giustamente punita) in aree non “sensibili”. E’ un progresso culturale auspicabile che probabilmente coglieremo tra una 15ina di anni. Le opportunità sono dietro l’angoolo e molti esempi lo dimostrano. Spiegare alla gente cosa è la tutela del proprio patrimonio culturale è parte fondamentale del nostro hobby che non ha nulla a che fare con il mondo dell’illecito. Forse, ogni tanto sarebbe opportuno saper distinguere ciò che è innocuo da ciò che è veramente dannoso – non tutti quelli che posseggno un’arma sono assassini – è la volontà, l’intenzionalità, gli interessi che rendono alcuni strumenti/azioni pericolose. Su un tale punto di vista, posso concordare, ci vuole istruzione e probabilmente un’opportuna regolamentazione (come all’estero), ma il nocciolo, mi consenta, è la cultura. Grazie.

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    • marino longo

      Ma non avete ancora capito che non hanno nessun interesse a promuovere iniziative innovative?
      È nel conservatorismo che trovano tranquillità di casta.
      Troppe evidenze archeologiche in Italia sotto pochi cm di terra per lasciarsi rompere le palle da dei dilettanti. C è da firmare nulla Aosta per fare passare l alta velocità sui siti ancora da scavare e decidono loro chi e come si può studiare la storia e fare ricerca. La ricerca indipendente non è possibile in archeologia .esistono solo i loro metodi. Casta di privilegiato a cottimo ecco cosa sono.
      Io sono responsabile pratico il detecting e non mi fido delle soprintendenze italiane. Perchè?
      Perché mi considerano un tombarolo a priori. Quindi la vera lotta da condurre non è Far legittimare un hobby ma fare pulizia e innovazione dentro ministeri e soprintendenze che sono evidentemente incapaci di valorizzare davvero il patrimonio ancora sepolto del paese più ricco di reperti del mondo.

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      • marino longo

        Mi permetto di concludere lo sfogo contro la casta degli archeologi con un invito a vergognarsi per tutti i seminativi zeppi di cocci che ogni anno vengono arati alla faccia della archeologia e delle stratigrafie, a tutti i siti archeologici che vengono risepoelliti per proteggerli coprendoli con un centro commerciale e a tutte quelle evidenze archeologiche che ogni giorno sacrificano in nome dell’ edilizia selvaggia e perchè no ? Magari anche di qualche regaluccio…. Siamo in Italia e perdiamo pelo ma non vizio

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