Noi nuovi Longobardi vogliamo cambiare i musei. Per salvarli

25 Febbraio 2016
Ripensiamo i nostri musei per farli rinascere a nuova vita. In un mondo che cambia, il passato si salva solo se raccontato con linguaggio nuovo, il linguaggio della nuova società. Come hanno fatto a suo tempo i Longobardi
Possiamo imparare molto dai Longobardi. Moltissimo. Un’idea di Italia che ancora oggi non è scontata. La capacità di mescolare etnie diverse e farne un popolo unico. Avete letto la controstoria di Galatea? Ricorda che gli altri barbari avevano mantenuto il distacco tra se stessi e i Romani, mentre i Longobardi no: avevano creato un popolo solo. Saremo capaci noi di fare altrettanto coi migranti che bussano alle nostre porte? Ma c’è molto altro, a parer mio.

Sabato scorso a TourismA, il Salone internazionale dell’archeologia, ho moderato l’incontro organizzato dall’Associazione Italia Langobardorum, concluso dal racconto di Galatea. Mentre i discorsi scorrevano, riflettevo sul ruolo chiave avuto dai Longobardi nel traghettare il mondo dalla romanità alla cosiddetta “rinascita” carolingia, alla creazione di un mondo nuovo. Insomma senza i Longobardi non ci sarebbe stata rinascita. Loro per primi hanno fuso l’eredità romana col nuovo spirito, e da “barbari barbari” come dice Galatea, sono diventati “romani” nelle abitudini, le leggi, il pensiero.

Viviamo anche noi in un’epoca di transizione, forse non troppo diversa da quella del mondo tardo antico. Finora abbiamo vissuto perlopiù la contrapposizione tra i difensori di una tradizione sempre più obsoleta, e i nuovi “barbari”. Prima o poi, però, dovremo mescolare le carte e dar vita a una sintesi che vada al di là sia dell’antico che del nuovo. Dovremo insomma fare come i Longobardi: abbattere i nostri miti per farli rinascere a nuova vita.

Dovremo abbattere i musei, vero tempio ecumenico della società moderna nata dall’Illuminismo. Lo vado dicendo da un po’, ma forse ora i tempi sono maturi per una condivisione ampia dell’idea. Il convegnoComunicare il museo oggi” tenutosi giorni fa a Roma alla Sapienza, ne ha dato conferma. Come spesso accade ultimamente, i discorsi procedevano lungo due vie parallele incapaci di comunicare. Da un lato c’erano i difensori di una qualità “alta” e “colta” del museo, di una sua “identità” legata alla tradizione che nessuna azione contemporanea dovrebbe scalfire. Dall’altro, i racconti di opere d’arte migranti tra spazi pubblici, piazze, scuole; fuori dai musei a incontrare la gente come piace anche noi di Archeostorie. E la strepitosa idea Nati con la cultura lanciata da Palazzo Madama di Torino, che dà accesso gratuito a chiunque accompagni un bambino al museo nel suo primo anno di vita, impegnandosi ad avvicinarlo alla cultura proprio come lo si deve curare e vaccinare.

Infine l’idea vera, scomoda, affidata alle parole di Alessandro Bollo di Fitzcarraldo: “La grande sfida oggi è cambiare il museo. Ogni intervento di comunicazione, anche il più innovativo, è solo omeopatia sul territorio, le sue ricadute sono deboli”. Per salvare il nostro passato dobbiamo stravolgerlo, metterlo in discussione, ripensarlo con linguaggi che la nuova società in cui viviamo possa comprendere. I barbari portano distruzione, è vero, ma anche tanta energia, e senza quell’energia i nostri “templi” sono destinati alla rovina. Accogliamola dunque senza timori ma con trionfale coraggio. Mescoliamo e mescoliamoci. Facciamo come i Longobardi, e la rinascita arriverà.

Autore

  • Cinzia Dal Maso

    ​Tre passioni: il mondo antico, la scrittura, i viaggi. La curiosità e l’attrazione per ciò che è diverso perché lontano nello spazio, nel tempo o nel pensiero. La voglia di condividere con tanti le belle scoperte quotidiane. Condividerle attraverso la scrittura. Un solo mestiere possibile: la giornalista che racconta il passato del mondo. Scrive su temi di archeologia, comunicazione dei beni culturali, uso contemporaneo del passato, turismo culturale per i quotidiani La Repubblica e Il Sole 24 ore, e per diverse riviste italiane e straniere. Dirige il Magazine e il Journal di Archeostorie.

Condividi l’articolo sui social

Lascia un commento

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *