Cos’è il Portable Antiquities Scheme: storia di un’archeologa che partì con tre grandi valigie

1 Luglio 2016
L’archeologa Cristina Sanna racconta la sua esperienza nel Regno Unito che ogni giorno si evolve in maniera imprevedibile: catalogare i reperti trovati dai cittadini per il progetto Portable Antiquities Scheme (PAS), ha cambiato la sua vita e il suo modo di vedere l’archeologia

La mia archeostoria comincia circa un anno fa: il mio ultimo anno come studentessa universitaria si avviava alla conclusione e, volendo proseguire i miei studi in inglese, avevo deciso di partecipare a un bando Erasmus + per un tirocinio post-laurea nel Regno Unito. Passai il test di lingua con il punteggio minimo ma, con un po’ di fortuna, fui selezionata. Dovevo quindi trovare un’organizzazione disposta ad accogliermi e a seguirmi nel mio percorso lavorativo. Inizialmente mi ero orientata sul museo della città di Leicester, dove avrei voluto conseguire un Masters Degree in Museum Studies, ma la mia richiesta non venne accettata.

 

PAS, Portable antiquity scheme

Alcuni degli oggetti attualmente in corso di catalogazione per il progetto Pas, due fibule romane, una fibbia di epoca medievale e una punta di lancia in bronzo.

Navigando sul web fui colpita da un annuncio pubblicato dal museo della cittadina di Salisbury, dove si richiedeva un assistente per la catalogazione di reperti archeologici, con particolare attenzione agli oggetti in metallo, dalle monete alle più disparate tipologie di artefatti. La mia richiesta di inserimento fu accettata, e verso la fine di gennaio partii con le mie valigie, tanta emozione, ma anche una buona dose di domande e preoccupazioni. Se non avete la più pallida idea di dove si trovi Salisbury, vi basti sapere che è la città più vicina al sito archeologico di Stonehenge, nella contea del Wiltshire, e questo è senza dubbio uno dei motivi che mi ha spinto a raggiungerla e a scegliere di lavorare nel suo museo.

Cos’è il Portable Antiquities Scheme (PAS)

Cosa faccio di preciso? Come tirocinante prima, e come impiegata a tempo determinato adesso, lavoro per il Portable Antiquities Scheme (PAS) che è un progetto di archeologia pubblica del British Museum volto alla catalogazione di materiale archeologico scoperto da membri della comunità in Inghilterra e Galles. Ma cosa vuol dire “membri della comunità”? Anche se forse molti di voi storceranno il naso, nel Regno Unito le attività di ricerca tramite metal-detector sono legali, autorizzate e regolamentate tramite il Treasure Act del 1996. Tutti gli scopritori di oggetti in oro e argento, o gruppi di monete degli stessi materiali che abbiano più di 300 anni, hanno l’obbligo legale di riportare la scoperta al Find Liaison Office della regione di competenza che avvierà le procedure relative. Per quanto riguarda invece gli oggetti in bronzo, lega di rame, ceramica e così via, non si ha alcuna prescrizione, ma è proprio per tutelare questo tipo di ritrovamenti che è nato il PAS.

Dalla catalogazione alla condivisione

Ogni giorno tantissimi metal-detectorists, e non solo, consegnano al nostro ufficio i materiali rinvenuti che vengono poi sottoposti a una procedura standard. Per prima cosa ci occupiamo dell’identificazione grazie soprattutto ai cataloghi, ma anche alla nostra personale esperienza che, posso assicurarvi, dopo qualche tempo inizia a essere un’utile fonte di informazioni. Successivamente l’oggetto viene inserito nel database che è liberamente consultabile sul sito web del progetto, e corredato di foto che editiamo attraverso l’utilizzo di Photoshop. Più complicata è la procedura relativa ai Treasure Cases, per i quali è necessaria un po’ di burocrazia e la valutazione del British Museum e del Coroner, l’ufficiale giudiziario. Qualsiasi artefatto inserito nel database è associato a un numero identificativo che permette di rintracciarlo in qualsiasi momento. Concluse le procedure, i manufatti vengono restituiti allo scopritore.

Non posso non ammettere che inizialmente avevo molti dubbi su questo sistema così diverso dalla mia idea di archeologia e beni culturali come proprietà comuni e condivise da tutti, ma d’altra parte, come ben sappiamo, il problema delle attività clandestine e illecite esiste, in Italia anche più che altrove, ed è ben lontano dall’essere risolto. Così, dopo cinque mesi a diretto contato con il database posso dirvi che sì, esistono persone che vanno a caccia di reperti con l’unico scopo di ottenere un ritorno economico, ma fortunatamente si tratta di una minoranza, mentre esiste anche un’altra faccia della medaglia fatta di esperienze e aspetti positivi. Buona parte dei metal-detectorist è dotata di dispositivi GPS che ci permettono di avere un chiaro posizionamento dei reperti e i diversi Find Liaison Officer, archeologi responsabili degli uffici PAS diffusi su tutto il territorio, partecipano costantemente a riunioni e club con gli scopritori, in modo da informarli sulle migliori pratiche da seguire sul campo, insegnare l’utilizzo dei sistemi di posizionamento e costruire un rapporto di fiducia. Il database, completamente open access, permette di avere a disposizione una banca dati di oggetti e immagini ad alta risoluzione utile in qualsiasi momento per ulteriori identificazioni, ma anche di mappare ogni giorno il territorio inglese individuando trasformazioni, forme di continuità attraverso il passare del tempo, nuovi siti archeologici e così via. E’ una sorta di grande campagna di ricognizione attiva in tempo reale tutto l’anno!

Se ancora non siete convinti ecco alcuni numeri:

  • Più di 1.000.000 di artefatti già presenti sul database;
  • 5.000 oggetti catalogati nella contea del Wiltshire ogni anno;
  • 200 scopritori all’opera sul territorio;
  • almeno 30 Treasure Cases ogni anno;
  • più di 550 progetti di ricerca archeologica attualmente in corso che utilizzano i dati del PAS.

Non male, eh? Senza contare quanto, per una giovane archeologa come me, un’esperienza del genere sia formativa e interessante! Ho potuto toccare con mano tantissimi reperti diversi che coprono un lasso cronologico che va dalla preistoria all’età post-medievale. Cataloghiamo tutto ciò che abbia più di 300 anni, ma tra le cose che mi hanno resa più fiera ci sono di sicuro una stadera romana praticamente perfetta, un’ascia a mano e una punta di lancia dell’età del bronzo, tanta industria litica e, ovviamente, le compagne inseparabili ovvero le monete romane, che vengono rinvenute in maniera molto frequente nella mia zona! Ho scoperto un campo di studi completamente nuovo per me e sto attualmente lavorando sulle monete della collezione Pitt-Rivers, il padre dell’archeologia, conservate nel museo di Salisbury e finora mai catalogate correttamente: senza dubbio una grande opportunità per cui devo ringraziare la British Numismatic Society e naturalmente il PAS.

Il mio sogno resta quello di diventare una curatrice, ma nel frattempo quale modo migliore di progredire nel campo museale, se non costruendo una solida conoscenza dei manufatti che si vogliono esporre e conservare?

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