Che cos’è il parco di archeologia condivisa

16 Marzo 2017
Il parco di archeologia condivisa è un luogo dove il mestiere dell’archeologo è alla portata di tutti. Dove ci si diverte e si trascorre il tempo libero a contatto con gli archeologi al lavoro. E’ un’idea nuova che Archeostorie vuole sperimentare nell’area di Poggio del Molino (Livorno) ma che si potrebbe replicare all’infinito. Una vera rivoluzione
Da qualche giorno Archeostorie chiede ai suoi lettori di sostenere con il loro voto il Parco di archeologia condivisa di Poggio del Molino (Livorno), che partecipa al bando Aviva Community Fund. Lo chiede perché crede fermamente in quel progetto: crede che porterà una vera rivoluzione nel rapporto tra l’archeologia e i cittadini. Che aprirà la via a un modo diverso – più nuovo, divertente, stimolante e proficuo – di intendere e vivere l’archeologia.
Poggio del Molino (Livorno) e il progetto di Parco di archeologia condivisa - PArCo

Poggio del Molino (Livorno) e il progetto di Parco di archeologia condivisa – PArCo

Poggio del Molino e l’archeologia pubblica

Si tratta di un parco pubblico attrezzato, un parco in riva al mare dove la gente può fare il bagno (perché no?) ma poi tornare all’ombra degli alberi e leggere un libro, fare picnic, riposare, oppure partecipare a una delle attività sportive e culturali che stiamo progettando. Diversamente dai parchi normali, però, lì per tutta l’estate ci sono gli archeologi al lavoro. Scavano i resti di un luogo fantastico che nel II secolo a.C. fu una fortezza dove i Romani si difendevano dai pirati, poi divenne una fattoria con grandi vasche per la preparazione della famosa salsa di pesce antica (non propriamente una prelibatezza), mentre nel II e III secolo d.C. la fattoria si trasformò in una lussuosa villa sul mare. Il posto è incredibile: come dargli torto?
Dopo le ricerche intraprese negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, dal 2008 gli scavi sono ripresi sotto la direzione della Soprintendenza e dell’Università di Firenze, e coordinati da Carolina Megale, una colonna di Archeostorie. Carolina ha aperto da subito lo scavo ai cittadini: attraverso un accordo tra l’associazione Past in Progress –  di cui Carolina è presidente, e che gestisce tutte le operazioni – e l’Earthwatch Institute statunitense, accoglie ogni anno volontari desiderosi di sperimentare il mestiere dell’archeologo. Con i contributi dei volontari Carolina finanzia lo scavo: lei fa crowdfunding e crowdsourcing da dieci anni oramai. Poi accoglie studenti dell’università e del liceo, ha avviato una scuola di restauro per la sistemazione dei mosaici della villa, e apre le porte di continuo a visitatori desiderosi di scoprire il luogo. Insomma a Poggio del Molino ogni visitatore è benvenuto, da sempre.

Parco di archeologia condivisa: il progetto di Past in Progress e Archeostorie

Ora però vorremmo alzare l’asticella, Past in Progress e Archestorie assieme. Vorremmo innanzitutto attrezzare l’area con viale d’accesso, segnaletica, panchine, percorso accessibile, un locale di accoglienza: vorremmo insomma trasformarla in un parco vero che la gente sia invogliata a frequentare. L’idea, in realtà, risale addirittura agli anni Ottanta quando l’archeologo Riccardo Francovich, assieme agli architetti Italo Insolera e Luigi Gazzola, volle inserire l’area archeologica di Poggio del Molino nel piano di progettazione del Sistema dei Parchi della Val di Cornia: doveva essere la terza area archeologica del Sistema dopo il Parco archeominerario di San Silvestro e quello archeologico di Baratti e Populonia. E proprio per onorare quel progetto originario, nel 2014 il Comune di Piombino ha fatto uno sforzo gigantesco per acquisirla.

Dunque l’area è pubblica e deve essere messa a disposizione di tutti al più presto. Ma i lavori di scavo sono ancora in corso. Per questo abbiamo pensato di realizzare un parco per l’archeologia e il tempo libero che proporrà di continuo attività adatte a tutti (work in progress, stay tuned!), ma che avrà negli archeologi al lavoro il suo punto di forza. Chiunque potrà osservare liberamente gli scavi in corso, chiedere informazioni, dare una mano nelle mansioni meno tecniche, oppure anche lavorare da volontario come si è sempre fatto. Insomma sarà uno scavo aperto, un lavoro condiviso di continuo con tutti i frequentatori del parco.

Tra il topo di biblioteca e Indiana Jones: cosa fa l’archeologo

È un passo in avanti importantissimo per far diventare l’archeologia veramente patrimonio di tutti. Immaginiamo le famiglie che vi trascorrono la domenica o passano le giornate di vacanza estive, sempre a contatto con gli archeologi e scoprendo a poco a poco ogni fase del loro lavoro. Non tutti sanno cosa fa un archeologo. Anzi, in genere tutti noi sappiamo poco dei mestieri degli altri e non di rado ci chiediamo: ma cosa fa esattamente, dalla mattina alla sera, l’avvocato o il grafico o il giornalista? Quella dell’archeologo è una delle professioni meno conosciute che alimenta le fantasie più strane. Non a caso il progetto Archeostorie è nato due anni fa pubblicando un libro che racconta proprio la vita quotidiana di tanti archeologi: per mostrare che non hanno la mente proiettata in un lontano passato, come li immaginano i più, ma fanno mestieri totalmente calati nel mondo d’oggi e che incidono profondamente nella nostra società.  

Ecco, consentire a tutti di trascorrere le proprie domeniche o le proprie estati a contatto diretto con gli archeologi, è un modo diverso e nuovo per avvicinare i cittadini alla pratica dell’archeologia e all’amore per il nostro passato. Perché il passato appartiene a tutti noi, e chi lo studia – come gli archeologi – lo fa per conto della comunità. Il suo compito è far capire a tutti l’importanza della nostra storia e quanto, di fatto, il passato influisca nelle nostre scelte quotidiane. Il valore di ogni cosa, persino della storia, lo giudicano i cittadini: nulla possiede un valore assoluto, come recita anche la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, ovvero la cosiddetta Convenzione di Faro.

Toccare con mano il passato

E cosa c’è di meglio, per apprezzare il passato, che toccarlo con mano? Toccare il coccio che l’archeologo ha appena portato alla luce, oppure il pavimento a mosaico che sta emergendo dalla terra, o la pietra di un antico frantoio. Si tocca il passato e subito si sente il contatto diretto con chi ha usato quegli oggetti migliaia di anni prima. Non servono tante faticose spiegazioni, basta quell’emozione immensa: e subito scatterà una serie infinita di curiosità, e allora anche le spiegazioni avranno senso. Ecco cos’è un Parco di archeologia condivisa, che a noi piace chiamare semplicemente PArCo: un’idea rivoluzionaria che vogliamo sperimentare a Poggio del Molino ma replicabile ovunque. Un luogo dove tutti possono – trascorrendo una giornata divertente all’aria aperta – toccare con mano il passato.

Cosa potete fare per aiutarci

Chiediamo il vostro voto, il voto di tutti, per trasformare questo sogno fantastico in realtà. Il finanziamento Aviva, se lo otterremo, sarà il primo passo, il più importante. Per questo dobbiamo farcela assolutamente: dobbiamo riuscire tutti noi, nessuno escluso, a tenere il passato nelle nostre mani.

Votate votate votate! 10 voti per un sogno. È facilissimo, si fa in un minuto. Il link diretto è questo qui:
https://community-fund-italia.aviva.com/voting/progetto/schedaprogetto/16-1102

E guardate il nostro video!

Autore

  • Cinzia Dal Maso

    ​Tre passioni: il mondo antico, la scrittura, i viaggi. La curiosità e l’attrazione per ciò che è diverso perché lontano nello spazio, nel tempo o nel pensiero. La voglia di condividere con tanti le belle scoperte quotidiane. Condividerle attraverso la scrittura. Un solo mestiere possibile: la giornalista che racconta il passato del mondo. Scrive su temi di archeologia, comunicazione dei beni culturali, uso contemporaneo del passato, turismo culturale per i quotidiani La Repubblica e Il Sole 24 ore, e per diverse riviste italiane e straniere. Dirige il Magazine e il Journal di Archeostorie.

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